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Aggiornato: 23 giugno 2025
Il mare e il suo gran popolo prigioniero che urla tra mura di ferro!... Vedo i fari, le sue sentinelle, ritti e più terribili perché tacciono, violenti e immensi nella tenebra immensa.
Ma dopo fu sempre così nei romanzi di Paolo Spada: le sue protagoniste belle, buone, cattive, umane, simpatiche durante tutto il romanzo, alla fine diventavano triviali e ridicole. Colei che si suicidava, non sapeva suicidarsi abbastanza bene per morirne; quella che era distrutta da una tisi al terzo grado, trovava una medicina miracolosa che la salvava, e sposava il medico; quella che era presa dalla meningite, faceva una cura violenta di chinino e si guariva; quella che per un amor tradito era ridotta all'ultima disperazione ed al desiderio della morte, si consolava senza una ragiono al mondo, borghesemente. Qualcuna poi, come nelle prime novelle, scompariva improvvisamente e non se ne aveva più notizia. Così un intiero e spasimante dramma psicologico si risolveva in un matrimonio ed in una scampagnata. Così tutta l'opera d'arte era guastata, rovinata da quella fine illogica, assurda, borghese. Così quel tratto finale in cui tutta la valentìa dell'artista era perduta, perdeva il libro. Fu detto di lui che era debole, che il suo ingegno aveva dei lucidi intervalli, con alternative di tenebra. Fu detto di lui che sapeva cominciare i suoi libri, ma non finirli. La leggenda rimase. E la reputazione di romanziere di Paolo Spada si smarrì fra le infinite mediocrit
Sul giardino fantastico Profumato di rosa La carezza dell’ombra Posa. Pure ha un pensiero e un palpito La quiete suprema; L’aria, come per brivido, Trema. La luttuosa tenebra Una storia di morte Racconta a le cardenie Smorte? Forse
E quando dopo una lunga contemplazione aprì gli occhi e li girò per la camera e non vide intorno a sè altro che tenebra, e giù in fondo, lontano, nel buio che non ha distanze, l'ultima luce azzurrognola del lumicino che si spegneva, fissò lo sguardo in quella povera aureola senza vederla, finchè, più che la mancanza di luce, un impercettibile cigolio annunziò che la fiamma era spenta.
Andrai coi piè nel fango e l’occhio altero Nella luce rapito, Le magnifiche larve del pensiero Cercando per le vie dell’infinito: Da una possa virile andrai sospinta, Più grande ancor se vinta.» Così mi parla la tenèbra
La luna, che tutta lieta di trascorrere i cieli, non cura se in terra sia maladetto o benedetto il suo raggio, e lo diffonde sul volto dell'amante che accelera col desio l'ora del colloquio di amore, e sul volto del sicario che si slancia dalla tenebra, stende il colpo, e ritorna nella tenebra, manda la sua luce sul castello capuano.
che, ben che da la proda veggia il fondo, in pelago nol vede; e nondimeno èli, ma cela lui l’esser profondo. Lume non è, se non vien dal sereno che non si turba mai; anzi è tenèbra od ombra de la carne o suo veleno. Assai t’è mo aperta la latebra che t’ascondeva la giustizia viva, di che facei question cotanto crebra;
Egli si protese a terra, ficcò gli occhi nella tenebra, e scorse tra il nero degli abeti una striscia più chiara che montava, montava, si perdeva: era una stradetta. Dio sa per dove! Ugo nulla conosceva. Concentrò tutta l'anima nel senso dell'orecchio: capì che due uomini armati venivano su parlando tra loro.
che, ben che da la proda veggia il fondo, in pelago nol vede; e nondimeno èli, ma cela lui l’esser profondo. Lume non è, se non vien dal sereno che non si turba mai; anzi è tenèbra od ombra de la carne o suo veleno. Assai t’è mo aperta la latebra che t’ascondeva la giustizia viva, di che facei question cotanto crebra;
Fetor di sangue guasto non la fece dare indietro, salsedine amara di lagrime non la scoraggiò, tenebra di coscienze brute attirò maggiormente il suo coraggio.
Parola Del Giorno
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