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Aggiornato: 21 giugno 2025


« Ahimè, gridò la contessa di Tripoli, entrando nella cameretta e vedendo quella pallida fronte supina sul capezzale che questa mia infausta bellezza ha ucciso il più gentil cavaliere che al mondo fosse! «E corsa alla sponda del letto, ov'egli giaceva, strinse quella mano che pendeva prosciolta sul ruvido copertoio, e recatasela alle labbra, la baciò amorosamente più volte.

Fu prima cura di Laurenti mettere la mano al polso e quindi sul cuore della supina, per accertarsi che la vita non l'avesse abbandonata. Ma giammai indagine di medico fu fatta con più casta riserbatezza. Egli non aveva occhi senso che per esplorare le pulsazioni del sangue e i battiti del cuore.

Donna Costanza, supina, col volto gonfio e la bocca aperta, russava sodo. Zia.... zia.... La fanciulla, ritta innanzi al letto, bianca come una morta e tremando verga a verga, la chiamava con voce soffocata, e la scoteva. Eh, eh.... Zia.... zia.... Cosa vuoi.... che cosa c'è?... balbettò essa finalmente con gli occhi ancora tra' peli. I ladri.... cercano d'entrare in casa....

Gherardo Ismera. Oh, che brutta storia! In cambio di tante belle storie che vi ho raccontate ai bei tempi! Siete ingrata, Mortella. Ma voglio essere il vostro medico come a quei tempi ero il vostro interprete. Bisogna che io risani la vostra imaginazione con una cura solare. Vi vedo supina per ore ed ore su la tavola scottante di quel vecchio oriuolo inerme. Mortella. Come ridete male!

Pallidissime, colla nera capigliatura sciolta, i grandi loro occhi nerissimi, torbidi dai lunghi patimenti, contemplavansi reciprocamente, senza articolar parola. Marzia poteva veder la compagna senza muoversi, perchè ferita nell'omero sinistro, essa appoggiavasi, per soffrir meno, sul destro. Non così Virginia che, per vedere la sua Marzia, doveva faticare cogli occhi soverchiamente inclinandoli, poichè ferita nel bel mezzo del petto, era obbligata di stare supina, coll'ingiunzione d'immobilit

Ella, supina, con la testa un po’ arrovesciata oltre i guanciali, bianca bianca, senza più voce, senza più forza per tenere aperte le palpebre, agitava dinanzi a le mani esangui, debolmente, in certi piccoli movimenti vaghi, come fanno talvolta i moribondi verso la luce. Il giorno dopo, tutto il giorno, ella tenne seco, nel medesimo letto, sotto la medesima coperta, il bambino.

Io non ho nessuno che vada a cercare un aiuto: se esco, quando ritornerò, la troverò morta. Eccolo, eccolo; torna, torna: urlò la donna; è trovato. Chi mai? disse il fanciullo. Tuo padre. E cadde supina.

La povera bella, sgomentata dal rumore che si faceva sul pianerottolo, ebbe ricorso ad uno stratagemma simile a quello del fagiano quando tenta di nascondersi agli occhi del cacciatore, ficcando la testa sotto un'ala; buttò l'accappatoio sotto una poltrona, che stava di fianco al canapè del mandarino, e si lasciò cadere su quella poltrona, rimanendovi supina in atto di donna dormente.

Nunziata giaceva supina colle guancie pallide, un morbido velo cerulo le cingeva in vaghi drappeggiamenti il capo; ma sotto ai suoi occhi non v'erano grandi ombre azzurre, perchè non c'era stato il tempo di farle... E tutto ricominciò da capo.

M'avvicinai, io stesso la riadagiai supina, le toccai la fronte, le domandai con dolcezza: Che hai, Giuliana? Non so. Ho paura.... Di che? Non so. Non ne ho colpa; sono malata; sono così. Ma i suoi occhi vagavano invece di fissarmi. Che cerchi? Vedi qualche cosa? No, nulla. Le toccai di nuovo la fronte. Aveva il calor naturale. Ma la mia imaginazione incominciava a turbarsi.

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