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Aggiornato: 20 giugno 2025


La dote e le speranze in fieri avevangli dunque dato il coraggio di chiedere la mano della vergine bellezza. La lettera giunse dopo pranzo, mentre don Ignazio, colle due donne e il marchese d'Arco, stavano aspettando il caffè nel salotto. Il notaio, dopo aver letto il foglio, lo depose sulla tavola con un'aria fra il serio e il soddisfatto, ed espose ai presenti l'inaspettata domanda.

Una notte, tornato a casa, le scrisse una lunga lettera: le prime due pagine le scrisse e riscrisse di nuovo due e tre volte; non era mai soddisfatto. Aveva coperto il tavolino di foglietti stracciati. Quando fu contento, o almeno quasi contento della lettera da lui scritta, erano le cinque del mattino.

Se il conte Zaccaria era disposto quella mattina a veder tutto color rosa, la nobildonna Chiaretta, sua illustre consorte, pessimista per indole, s'era svegliata d'umor più nero del consueto. Essa diceva chiaro alla cameriera che non vedeva l'ora che questa baldoria finisse, e ch'era una vita da cani, e che, se durava ancora un mese così, ci avrebbe rimesso la pelle. Meno male se l'amor proprio fosse stato soddisfatto. Ma ci voleva quel grullo di suo marito per contentarsene. Ormai tutti potevano avvicinare i Sovrani, tutti potevano andare a Corte, ed ella aveva avuto l'umiliazione di trovarvi certe donnette che non avrebbe ricevuto in casa sua, certe contesse di princisbecco che non si sapeva di dove venissero. Al gran ballo poi sarebbe stato uno scandalo addirittura. Eran stati messi in giro duemila inviti e s'era dovuto discendere fino ai nobili dell'Ordine dei segretarii, fino ai cavalieri della Corona di ferro di terza classe, fino ai mercanti arricchiti e alle loro femmine. Che più? Si diceva, ma questo la contessa Chiaretta non voleva crederlo, che ci sarebbe stata anche la moglie d'un banchiere ebreo. In verit

Prenda rispose questi soddisfatto, dandogli la lettera. Chi manda? insistè Giunti da canto suo. Il fattorino rise.

E fantasticavo: Che misere creature noi siamo! Crediamo di agire per conto nostro, secondo i fini calcoli del nostro orgoglio, del nostro amor proprio.... E quando più stimiamo di aver servito il nostro interesse, di aver soddisfatto il nostro orgoglio, ci accorgiamo finalmente che abbiamo lavorato per tutt'altro!

Un po' d'amor proprio soddisfatto lo solleticava dolcemente, si sentiva crescer nel petto delle voglie brutali. Si fece più insistente. E Serena si calmò: ora non ci credeva più che il marito l'avesse tradita; la sua amica aveva mentito, per invidia, era chiaro.

Così inchinandovi e indietreggiando sempre, potete andar soddisfatto di avere alla meglio compiuta la visita. Un’ora dopo, riceverete una carta o una visita nell’albergo o nell’abitazione da voi scelta.

Oppure, adesso che era tutto finito, che aveva raggiunta la sua mira, che il sogno si era avverato, adesso che l'ambizione era soddisfatta, sentiva forse, per la prima volta, che non era soddisfatto il suo cuore? Era il rimpianto occulto, profondo, per la grande rinunzia dell'amore?... Era il rimorso?... Matteo continuava ad osservarla. Sei un po' nervosa?... Sei nervosa; si capisce.

L'Ambasciatore, accompagnato dall'interprete, col capo scoperto, s'avvicinò al Sultano. Questo gli disse in arabo: Benvenuto! Benvenuto! Benvenuto! Poi gli domandò se aveva fatto buon viaggio, e s'era stato soddisfatto del servizio della scorta e del ricevimento dei Governatori.

Il sentimento della propria innocenza non impedì il rossore di Emilia. Essa tremava, e chinava gli occhi tutta confusa, mentre la zia le lanciava sguardi arditi, ed arrossiva ella stessa: ma il di lei rossore era quello dell'orgoglio soddisfatto, quello di una persona che si compiace della propria penetrazione.

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