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Aggiornato: 13 giugno 2025


E quegli: figliuol mio, non ti dispiaccia: Ser Brunetto Latino un poco teco Ritorna indietro e lascia andar la traccia

Non creda donna Berta e ser Martino, per vedere un furare, altro offerere, vederli dentro al consiglio divino; ché quel può surgere, e quel può cadere». Paradiso · Canto XIV Dal centro al cerchio, e dal cerchio al centro movesi l’acqua in un ritondo vaso, secondo ch’è percosso fuori o dentro: ne la mia mente sùbito caso questo ch’io dico, come si tacque la glorïosa vita di Tommaso,

come fec'io, il corpo suo l'e` tolto da un demonio, che poscia il governa mentre che 'l tempo suo tutto sia volto. Ella ruina in si` fatta cisterna; e forse pare ancor lo corpo suso de l'ombra che di qua dietro mi verna. Tu 'l dei saper, se tu vien pur mo giuso: elli e` ser Branca Doria, e son piu` anni poscia passati ch'el fu si` racchiuso>>.

Ser abate, gli dice Alberada sotto voce all'orecchio, rammentatevi che siete per isvelare la confessione di un uomo terribile. E chi lo dimenticherebbe? risponde l'abate segnandosi della croce. Indi continua: Goccelino si avvide di quelle pratiche e qualche sospetto gli si andava insinuando nell'animo. Si era levato gi

E l'errore nel testo latino di Ser Graziolo si spiega facilmente così: che invece di scrivere appetitus quantitatis abbia ripetuto appetitus quanti continui, che aveva scritto poco discosto, mentre non si spiega nel testo di Jacopo, che dice: il terzo, cioè il quanto continovo. Ma la questione si ingarbuglia sempre più.

T'hanno sperimentato di buona pasta, ti adoprano, ti spendono in ogni loro bisogno, come si spende un castaldo, un procuratore, un ser faccenda, un ceccosuda. Tu se' un arnese del castello. Giovi? ti si leva dal dimenticatoio. Non giovi più? ti si mette in disparte. È questo il tuo stato; non sperare di più.

, dice Baccelardo interrompendo, e chi questo supplizio loro minacciava era Guiscardo. Che perciò quei poltroni spaventati cacciarono il papa fuori le mura della fortezza. Un cavaliere allora si accostò, e prendendo le redini della sua bianca mula: « Ser papa » gli disse sorridendo « siete prigione ». Quel cavaliere era ancora Roberto.

Ser vescovo, risponde con calma altiera Gregorio, ed io ti comando di deporre le insegne vescovili, di lasciare la carica, di prostrarti della faccia nella polvere alla nostra presenza, di constituirti cattivo, e sperare nella nostra misericordia del quando e del come sapremo farti giustizia. Gran mercè della vostra buona intenzione, pontefice! sclama il vescovo.

Ser.mo Prencipe et domino meo, post debitas comendationes etc. Avendo io Constantin Laschari data in scriptura ala Vostra Serenit

Vi domando perdono, ser abate, risponde Gisulfo, se vi aspreggiai di parole, ed a voi altresì, priore di Lacedonia. Roberto agì da forsennato. Alberada era innocente. E dicendo il principe Gisulfo porgeva una mano all'abate, un'altra al priore, e si alzava dalla mensa. I suoi ospiti lo seguivano.

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