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Chiamalo il «buon Augusto» l'autore, percioché, quantunque crudel giovane fosse, nella etá matura diventò umano e benigno prencipe e buono per la republica. «Nel tempo degl'iddii falsi e bugiardi». Sono falsi, non veri iddii, «quia dii gentium daemonia»: «bugiardi» gli chiama, percioché il demonio, come e' medesimo in altra parte dice, è padre di menzogna.

E per questa ragione sola con ogni giustizia non deve correre nelli regni d'altri prencipi, ma portarsi in zecca e pagarla secondo il prezzo che si paga l'argento. Lascio di dire quanto disconvenga che nel Stato d'un prencipe grande corra la moneta forastiera.

Non saranno rifiutate le monete di luogo alcuno, quando su esse saranno impresse le giá dette note, e l'effigie col nome o impresa di quel prencipe sotto il quale, o di quella cittá nella qual esse monete saranno cosí state fatte; imperoché ciascuno le piglierá senz'alcun sospetto.

Nondimeno, per non esser mai stata mostrata loro sopra ciò regola alcuna, qual debba da tutto il mondo esser osservata, però nulla fanno, com'è manifesto, anzi quasi tutte le monete sono in continova strage, essendoché un prencipe non ha tantosto fatto una bella e buona moneta, ch'in breve ella è rifatta, credo, con qualche vantaggio.

Avvertendo ancora che non sará poi lecito ad alcun prencipe particolarmente commandare ad alcuno delli suoi popoli che debba tôrre le monete nei pagamenti per piú del giusto valore della rata della loro bontade, essendoché ciò sarebbe danno di chi le pigliasse, non potendole poi spendere per li valori medesimi fuori dello Stato di esso prencipe, che le debba accettare o pigliare per meno del detto giusto valore, perché essi danari fugirebbono e trasportati sarebbono ove per li reali valori si spendessero.

Ser.mo Prencipe et domino meo, post debitas comendationes etc. Avendo io Constantin Laschari data in scriptura ala Vostra Serenit

La naturale è di una sola maniera, cioè quando nelli regni vi sono miniere d'oro e argento; e, dove è questa causa, bisogna al prencipe fare diversa provisione nel suo regno da quella che faria si non vi fosse.

Come all'incontro dico che non è espediente al prencipe o al regno far fare tanta quantitá di moneta piccola, che corra ordinariamente, anzi sia la maggior, per non dir sola, che corra in negozi, e, oltre l'incommoditá grande, è facilissima a tagliarsi e falsificarsi: ché, se a far quella move alcuno utile, per essere manco di peso a rispetto delle grosse, manco mal saria fare meno di peso una qualitá sola de le grosse, e avere tutto l'utile Sua Maestá e non partirlo con mercanti e artefici di zecca.

E perciò sará ben lecito ch'essi prencipi siano i primi a far osservare le vere regole ed ordini reali in queste poche carte annotati. Parte del modo che si averá a tenere nel fare la zeca. Saper si dee che nel voler fare la zeca fa di bisogno che la prima causa sia il prencipe, poi il zechiero col contista, ed appresso l'oro e l'argento.

E venuto al diliberare chi dovesse esser prencipe di cotale legazione, fu per tutti detto che Dante fosse desso. Alla quale richiesta Dante, alquanto sopra a stato, disse: Se io vo, chi rimane? se io rimango, chi va?, quasi esso solo fosse colui che tra tutti valesse, e per cui tutti gli altri valessero.