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Aggiornato: 25 giugno 2025
Alle prime palle ebbi una paura birbona mi disse il buon ragazzino pensai alla mia povera mamma, che mi proibiva di saltare, di pigliare il fresco, che stava in pensiero, quando tornavo tardi, e che ora non era più buona a proteggermi... mi addossai a im muro tutto rannicchiato, facendomi piccino, piccino e ci stetti qualche minuto: passarono gli Egiziani, uno di loro mi disse: sei un vile; mi saltò il rossore alla faccia, avrei ucciso quell'uomo, poi vidi che aveva ragione, ripensai anche allora alla mamma, alla mamma che piuttosto di vedermi infamato, piuttosto di piangere su me vivo avrebbe pianto sulla mia tomba, e mi accodai all'Egiziani, con loro mi stesi lungo i vigneti, con loro sostenni due ore di fuoco, con loro caricai alla baionetta, fino a che mi sentii percuotere questo braccio, come da una bastonata e caddi per terra... ero ferito!...
Cristoforo Colombo era stimato un gran dotto in materia geografica, cosmografica ed astronomica, quando non era stimato un impostore, od un pazzo. Per lui, si sa, erano stranamente mutevoli i giudizi del volgo, nobile o plebeo che si fosse; e saltavano da un estremo all’altro, come qualche volta usano saltare i venti, dal primo al terzo, o dal secondo al quarto quadrante. Si può dire, dopo aver letto attentamente la storia della sua vita fortunosa, che gli storti giudizi, i sospetti, le animosit
Vi sentite, dissi alla contessa, di saltare quest'acqua? Ella guardò un poco il ruscello, misurandone a occhio l'ampiezza. No, vi confesso; rispose. Coll'impiccio della gonna! Permettete, allora; qui non c'è tempo da perdere; vi rapisco senz'altro.
Levate le mense, Guacanagari aveva condotto il suo ospite negli ameni boschetti che circondavano la sua casa. Migliaia di naturali aspettavano la nobile comitiva; e a mala pena Cristoforo Colombo si fu seduto con Guacanagari al rezzo d’un palmizio, quella turba poco vestita si mise a cantare e a saltare, accompagnando la voce ed il passo col suono dei suoi tamburi, a cui si aggiungeva per grande novit
Squilla un'altra volta la tromba; i banderilleros han finito; ora tocca all'espada; è il momento solenne, è la crisi del dramma; la folla si queta, le signore si sporgon fuori dei palchi, il Re si alza in piedi. Il celebre Frascuelo, tenendo in una mano la spada e la muleta, che è un pezzo di stoffa rossa attaccata a un bastoncino, entra nell'arena, si presenta dinanzi al palco reale, si leva il berretto, e consacra al Re, pronunciando una poetica frase, il toro che va ad uccidere; poi getta il berretto in aria, come per dire: Vincerò o morirò! e seguìto dallo splendido corteo dei capeadores, si muove con passo risoluto verso il toro. Qui segue una vera lotta corpo a corpo, degna d'un canto d'Omero. Da un lato la belva colle sue corna terribili, colla sua forza enorme, colla sua sete di sangue, inasprita dal dolore, acciecata dall'ira, torva, insanguinata, spaventosa; dall'altra un giovane di vent'anni, vestito come un ballerino, a piedi, solo, senza difesa con una leggera spadina tra le mani. Ma egli ha diecimila sguardi addosso! Il Re gli prepara un dono! La sua amante è lassù, in un palco, cogli occhi fissi su di lui! Mille signore tremano per la sua vita! Il toro si ferma, lo guarda; egli guarda il toro, e gli agita dinanzi il panno rosso; il toro si caccia sotto, l'espada si scansa, il corno formidabile gli rasenta il fianco, urta il panno rosso e colpisce nel vuoto. Un tuono d'applausi scoppia su tutte le gradinate, in tutti i palchi, in tutte le gallerie. Le signore guardano col canocchiale e gridano: Non ha impallidito! Si fa silenzio daccapo, non si sente una voce, non un bisbiglio. L'audace torero fa volteggiare a più riprese la muleta sugli occhi dell'animale inferocito, gliela passa sulla testa, tra le corna, intorno al collo, lo fa retrocedere, avanzare, girare, saltare; si fa assalire dieci volte, e dieci volte, con un leggerissimo movimento, scansa la morte; lascia cader la muleta, la raccoglie sotto gli occhi del toro, gli ride sul muso, lo provoca, l'insulta, se ne trastulla; tutt'a un tratto si ferma, si mette in guardia, alza la spada, piglia la mira; il toro lo guarda; ancora un istante, e si slancieranno addosso, l'un all'altro, nello stesso punto; uno dei due deve morire; diecimila sguardi corrono con una rapidit
Il capitano lasciò andare un pugno così violento sul tavolo che fece saltare i piatti e i bicchieri, e così incominciarono nuovamente le diatribe fra i due vecchi amici, che dopo l’assenza ritornavano a vivere insieme, sempre inseparabili, e sempre discordi.
Lásciati amare; lasciami esser felice. Ah, ecco! diss'ella. Non è più Talavera, che fa il matto. No, cara, son io, io, proprio io, che ho voglia di saltare e di cantare, tanti sono i grilli che ho in corpo. Sorridente, amorosa, Fior d'oro lo accompagnò nelle sue stanze, dov'egli si tolse di dosso la polvere. Ed ora, ripigliò la contessa, ragioniamo un pochino, se è possibile. Vai?
Io risposi, invece della madre, senza esitare: Sì, andremo. Allora Maria si mise a saltare per la stanza, in segno di gioia, trascinando la sorella. Io guardai Giuliana. Vuoi che andiamo? le chiesi, timido, quasi con umilt
Gioconda tirò fuori la mano dalla saccoccia, nella quale andava frugando, e accomodati sul palmo due o tre chicchi di caffè tostato, se li fece saltare in bocca d'un colpo solo. Quest'oggi dev'essere un'invasione! Si udì un'altra suonata di campanello. Ecco!... L'ho detto! esclamò ridendo fra lo scricchiolare dei denti, e andò un'altra volta ad aprire.
Se tu giuri di farci uscire sani e salvi da questa foresta io ti guarisco, se tu invece rifiuti ti faccio saltare le cervella. Scegli! Perchè vuoi che io alzi la mano su chi fu un tempo la mia signora? disse dolcemente il ferito. Avrei paura che All
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