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Aggiornato: 27 maggio 2025


84 Vider Baiardo a zuffa con un mostro ch'era più di lui grande, ed era augello: avea più lungo di tre braccia il rostro; l'altre fattezze avea di vipistrello; avea la piuma negra come inchiostro; avea l'artiglio grande, acuto e fello; occhi di fuoco, e sguardo avea crudele; l'ale avea grandi, che parean due vele. 85 Forse era vero augel, ma non so dove o quando un altro ne sia stato tale.

DANTE. Non puedo yo obras obrar con mis manos con tanta lijereza que donde toquen no despedacen carnes y huesos de tal manera que se pueden hacer salchichas de ellas; pero matemosle con un espanto. NARTICOFORO. Come con lo spavento? DANTE. Yo me paro el rostro en acto tanto fiero y espantable que non hay hombre que en viéndome no se hiele de cabeza á pies de temor, y que no le venga la cuartana.

Tu non mi toglierai Questa che m’arde in cor forza divina, Tu non m’arresterai Ne l’irruente vol che mi trascina. Impotente è il tuo rostro.

Le maniche della veste erano così strette, che le braccia sebbene aduste vi capivano a fatica; un grembiale ampio, d'altra indiana meno scura, le cingeva i fianchi fin sulle reni; e due fazzoletti stampati di frutta e di fiori a colori, assai vivi, le coprivano l'uno il capo, l'altro le spalle, facendo una strana cornice alla sua faccia, massime alla fronte, sulla quale si vedeva un pensiero, piccino ma sempre desto, ma sempre in moto come uno sgricciolo, dare il guizzo tra le grinze che facevano mazzo verso le ciglia, in cima a quel suo nasetto, curvo come un rostro, e di espressione diversa da quella dolce de' suoi occhi.

Ch'instrusse mai quella solerte vespa svenar il ragno e trasferirlo al speco, dove co' piedi e rostro pria l'increspa e tienlo poi, qual uovo, in grembo seco, in fin ch'un figlio in quella tana crespa gli nasca d'ale privo, ignudo e cieco, ma di troncate mosche tanto 'l pasce, ch'egli giá vespa salta fuor di fasce?

E quel che mi convien ritrar testeso, non porto` voce mai, ne' scrisse incostro, ne' fu per fantasia gia` mai compreso; ch'io vidi e anche udi' parlar lo rostro, e sonar ne la voce e <<io>> e <<mio>>, quand'era nel concetto e 'noi' e 'nostro'. E comincio`: <<Per esser giusto e pio son io qui essaltato a quella gloria che non si lascia vincere a disio;

E quel che mi convien ritrar testeso, non porto` voce mai, ne' scrisse incostro, ne' fu per fantasia gia` mai compreso; ch'io vidi e anche udi' parlar lo rostro, e sonar ne la voce e <<io>> e <<mio>>, quand'era nel concetto e 'noi' e 'nostro'. E comincio`: <<Per esser giusto e pio son io qui essaltato a quella gloria che non si lascia vincere a disio;

Ma, infine, dovrò io vivere a questo modo? Sarò io incatenato, come Prometeo, alla rupe dell'esistenza, col rostro dell'avvoltoio nel cuore, e senza il conforto di tornar utile in alcuna maniera ad anima nata? Quella mattina, un poco di calma gli era pur derivato, non sapremmo se più dalla istessa vicinanza della catastrofe, o dal pensiero di aver provveduto, come si poteva meglio, al futuro.

lo ciel, che sol di lui prima s'accende, subitamente si rifa` parvente per molte luci, in che una risplende; e questo atto del ciel mi venne a mente, come 'l segno del mondo e de' suoi duci nel benedetto rostro fu tacente; pero` che tutte quelle vive luci, vie piu` lucendo, cominciaron canti da mia memoria labili e caduci.

lo ciel, che sol di lui prima s'accende, subitamente si rifa` parvente per molte luci, in che una risplende; e questo atto del ciel mi venne a mente, come 'l segno del mondo e de' suoi duci nel benedetto rostro fu tacente; pero` che tutte quelle vive luci, vie piu` lucendo, cominciaron canti da mia memoria labili e caduci.

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