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Avevo una fame da poeta; e proprio in quell'ora un ristorante si apriva. Avete niente di pronto? La busecca. Ah , la busecca! Mi stava in mente l'idea che la busecca fosse una sorta di manicaretto raro; un cibreo delicato, aristocratico, asciutto, finamente rosato, servito in un piattino, o tegamino di bel metallo.

Vestita così semplicemente, d'una veste di ferrandina a larghe pieghe, le quali scendevano in bei partiti dal fianco, senza fronzoli che dissimulassero le curve gentili del busto con le maniche lisce e la radice del collo a mala pena coperta da un baveretto bianco, madonna Fiordalisa era un miracolo di eleganza e di grazia. La testa, incoronata di capegli castagni, e il profilo del volto rosato, mostravano una delicatezza di contorni e una soavit

Mitico serpe candido e rosato cui splendon l'occhi arditi e ingannatori, muove le spire lascive sul prato, poi che dall'arbor l'augei cantori, al muover dell'incanto, in quel fatato cerchio ch'esprimon l'iridi, sui fiori scendon ribelli e vinti ad un più grato gioco tra l'erbe e a più soavi amori. Io vi credea racchiuso il mio tesoro oltre ai serrami astrusi e adamantini.

Tutte, senza eccezione, cominciano col trasformare la loro bruna carnagione con l'impiego, senza economia, di tutte le colorazioni che la chimica ha escogitato a questo scopo, dal bianco per il collo al rosato per le gote, dal carminio per le labbra al livido per gli occhi; s'inondano di profumi; s'abbigliano con quanto la moda boulevardière lancia di più vivace e di più ardito.

Senta, marchesa: una guarnitura in luppolo rosato, con fogliame verde, ch'è una meraviglia, la pingo sopra un abito di tulle bianco o bleu pallido... e via discorrendo, disegno la gonna lunga davanti, non osando in faccia a lei accennare quella moda insidiosissima.... Che ora è? dice lei. Dodici ore. Di gi

Dieci anni! mormorò, facendo mentalmente il conto del tempo trascorso dacchè quella persona non gli aveva più scritto. Dieci anni!.... e una tristezza gl'invadeva lentamente l'anima, come una nebbia, mentre sollevava uno sguardo al cielo occidentale, sul cui fondo rosato si ergeva gloriosamente la cupola di Santa Maria del Fiore.

S'alzò così dell'increscioso letto, si recò discinto all'uno de' finestroni della sua camera, guardò fuori, vide un cielo pressochè tutto coperto da un denso vapore rosato, che vestiva di quella tinta tutta l'ampia prospettiva di Roma, che gli si dipingeva d'innanzi. Crollò la testa, stette ruminando molte cose. Gli risorsero in mente alquante parole del Morone.

Il rancio, il rosato e il verdognolo, magnifici colori che l'alba tiene in serbo nella sua tavolozza d'estate e d'autunno, cedevano qui il luogo ad una tinta pallida, tra turchiniccia e cenerognola, unico segno della mattutina risurrezione del creato. Sul ripiano davanti alla chiesuola stavano quattro persone aspettando.

I suoi capelli, d'una tinta variante tra il biondo ed il castagno, avevano dei riflessi luminosi e fulvi che chiedevano il pennello del Tiziano e si frangevano in masse ondate e ricciute, si contorcevano in piccole spirali fantastiche, parevano talvolta accendersi di fiammelle dorate. La tinta bianchissima della sua pelle era però d'un pallore vivace e rosato.

Luce di mia vita, che al cor lasso di dolci pensieri fosti esca un tempo, altro or da me non vuoi che pianto e morte. È venuto omai l'ora. La ti do volentieri. FILENO. Aimè, padrone! CRISAULO. Io passo. Potrai dirle tu con vero ch'io son morto per lei. FILENO. Timaro, corri; porta aceto rosato e malvagía e confessioni. Aimè! ch'io tremo tutto, ché 'l padron si vien meno.