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Aggiornato: 26 giugno 2025
Pensate voi, riprese il duca, che, se questa Francesca da Rimini si fosse attesa a venire uccisa, si sarebbe trattenuta? Come volete che lo sappia? Certo io non l'ho conosciuta.... E la duchessa non dissimulò intieramente un leggiero moto d'impazienza; chè alle volte egli era un po' nojoso. Don Francesco notò quel moto, ma proseguì: Vi chiedo la vostra opinione in proposito.
Non capisco; pare che questa duchessa abbia in passato amato anch'ella Federico di Chiarofonte, a quanto ieri ne udii. Egli aveva narrato al conte di San Giorgio di quello abboccamento, aggiungendo che la sera istessa si sarebbe imbarcato per Rimini. Federico disperato, furente, indignato voleva partire con lui.
Una sera, non sapendo che io lo ascoltava, mi ha fatto la rassegna delle donne più famose in amore, cioè la Mirra della tragedia dell'Alfieri, la Francesca da Rimini, le figlie di Lot, Cleopatra, Semiramide, Adelaide la figlia di Luigi XV, un trattato ab immemorabili, di mostruosi incesti e che mi pare estraneo alle sue aspirazioni puramente sentimentali; una specie di mostra artistica o per un pittore o per uno scultore, ma non per un poeta gentile.
Anche senza di ciò, egli si teneva un pegno con sè che tuttodì gli riproduceva quelle vaghe forme; un pegno pel quale soltanto avea trovata la forza di sopportare l'orribile vita; un pegno ch'egli amava con quell'eccesso di trasporto onde odiava la signora di Rimini e il Palavicino.
Ve lo dirò, rispose Camilla, ma a condizione soltanto che voi mi perdoniate; altrimenti non lo farò mai. Si comprendeva ch'ella era risolutissima. Ditele di sì, sussurrò il conte all'ufficiale; tale promessa non impegna. Bene, sì, mormorò Federico con voce soffocata, parla! Egli è quel giovane frate, il padre Leone, che venne a salutare il conte nel porto di Rimini.
Dopo tutto questo, il Morone lasciò passare molto tempo ancora senza far nulla, durante il quale non avvenne cosa che meritasse nota. Soltanto il Palavicino continuava a frequentare la signora di Rimini. Per tutta Roma ormai non era parola che degli amori di quella donna voluttuosa coll'illustre lombardo. Il Morone recavasi esso pure qualche volta al palazzo della duchessa. Una notte vi stette a lungo col Palavicino, e col medesimo ne partì ad ora tardissima. Fu in quell'occasione che, facendo la strada seco, e prendendo per certe solitarie vie di Roma, d'una in altra parola, lo trasse al seguente discorso: È gi
Marco era pensieroso: pareva non potesse decidersi a parlare. E così, lasciaste Pesaro allora? domandò, come per dir qualche cosa. Sì; mi recai qui a Rimini, perchè ella non sapesse ove io fossi: non per me, che di me poco preme, ma i miei figli.... Ah Marco! che sar
Quasi subito dopo Marco entrava nella locanda, ove dimorava dopo il suo arrivo a Rimini, cioè da pochi giorni; durante i quali aveva preso tutte le informazioni, che gli era stato possibile avere su Gabriella, che egli credeva disonorata e perduta.
Le donne, circondato il letto della sventurata signora, stavano aspettando venisse il vescovo di Rimini e il medico che in tutta fretta eransi mandato a cercare. Di tanto in tanto chiamavano Elena per nome, e la coprivano di pianto e di baci. Parve che si venisse riavendo. Finalmente dischiuse qualche poco gli occhi, e fu un grido delle donne, un grido di gioia.
In quanto alla signora di Rimini, allorchè il Morone s'accorse che la buona occasione era venuta, le domandò un abboccamento segreto, ottenuto il quale, con quella sua mirabile facondia e gentilezza di modi, seppe condurla a promettere, non gi
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