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Quando Milano era sotto il dominio francese, non aveva mai frequentato che il palazzo e la conversazione del governatore, dove la Ginevra fu più d'una volta l'oggetto dell'ammirazione generale, e quando ritornarono gli Sforza, qualche volta si recava alle feste del duca. Nella propria casa non concedeva accesso che alle più cospicue e antiche famiglie di Milano, con un riserbo però, con un cerimoniale, con un'etichetta, che poteva anche promovere la nausea. Qual signore, benchè scaduto, d'un ampio stato in Italia, egli pensava che in tutta Milano non v'era alcuno che potesse stargli a paro, di nulla era più curante che di far spiccare e rispettare codesto primato. Il titolo di magnifico signore, era il solo che lo mettesse di lieto umore, che gli facesse distender le rughe della calva sua fronte. Di null'altro era più tenero che dei propri titoli, di nessun'altra cosa prendeva passatempo che della lettura della storia del proprio casato e della sua Bologna. Dal momento che gli era sfuggito di mano il potere reale, cominciò a vagheggiare con un amore ardente, geloso, permaloso, le immaginarie prerogative della nobilt

Scivolavano quindi le tre giovani sul selciato del marciapiede di Piazza reale colla velocit

Tre anni dopo un Ministro siciliano, a nome del Re scriveva: «Per darsi fine alla controversia agitata con eccessivo calore degli animi tra i pp. Conventuali ed i pp. Osservanti e Riformati in materia di precedenza nelle processioni ed in altre pubbliche funzioni,.... S. M. ha avuto presente la sovrana sua reale risoluzione del 1778, con cui per punto fisso e generale fu determinato che la precedenza dei frati nelle pubbliche funzioni regolar si debba dall’antichit

I cantori della cappella reale intuonarono il Tedeum, e ad essi fecero eco le voci di tutta quella gente adunata. Il maraviglioso inno Ambrosiano, vera elevazione delle anime a Dio creatore, a Dio consolatore, a Dio datore d’ogni bene, non fu mai cantato con tanta pienezza di gratitudine, con tanta commozione di cuore.

Aveva egli risoluto il suo problema? Bambina fu stupita a veder suo fratello quasi gaio. Mangiò molto, e si divertì a far delle pallottole di mollica di pane, pensando Dio sa che. S'informò di Don Tiberio e scherzò su i suoi vicini. Infine condusse sua sorella ad udire la musica innanzi al palazzo reale e la ricondusse in carrozza dopo averle fatto bere un sorbetto della regina.

La mia intelligenza era talmente ossessionata dalle prepotenti idee metafisiche insinuatemi dal vecchio professore di filosofia, che pur sapeva contemperare per conto suo l'ideale col reale, da rendermi una specie di macchina dove il raziocinio avea distrutto ogni vestigio di sentimento. E così mi spiego in che modo potei assistere con crudele indifferenza alla morte della mia bambina.

Dove sorge il palazzo reale, stava allora quello dei dodici Savj della Provvisione, e avanti ad esso tenevasi mercato di vestiti ogni settimana. Lo spazio quasi occupato ora dal Duomo denominavasi Piazza dell'Arrengo, perchè vi si radunavano i cittadini finchè si governarono a popolo, per fare e per udire le arringhe intorno ai pubblici interessi. Col

Giovedì 12. Andiamo dal re per augurargli il buon giorno, frase sacramentale in Abissinia, dargli rapporto della nostra escursione e ringraziarlo delle guide forniteci, ma lo incontriamo che esce per tenere pubblico tribunale. Sulla piattaforma avanti la porta d'ingresso è improvvisata come una gradinata con quattro o cinque angareb di diversa altezza, tutti coperti con stoffe e tappeti: S. M. è accovacciato sul più alto, ai suoi fianchi stanno in piedi i più fidi della corte, dietro lui qualche soldato custodisce una bandiera regalata un tempo dalla regina d'Inghilterra. Sul davanti la collina scende fino alla piazza del mercato dove stanno migliaia di curiosi, e in prima linea tutti i giudicandi che avanzano man mano che i pretesi uscieri li chiamano. Si fanno salire sul versante dell'altura fino ad una ventina di metri dal palco reale, e qui trovano i loro avvocati elegantemente vestiti con camice rosse, depongono a terra alcuni vasi che portavano, espongono la loro querela. Gli avvocati fanno la loro controscena, il re ascolta, si consulta qualche volta coi suoi vicini, poi emette un giudizio che è inappellabile e trasmesso ad alta voce in modo che possa essere inteso da tutto quanto il numeroso uditorio. Non si trattano qui che cause civili, e i vasi deposti contengono miele, tributo dovuto pel trattamento della causa, che in parte è devoluto al re ed in parte agli avvocati. Ben considerata la cosa per se è ridicola, se si pensa al profondo sapere e alla seriet

Di fronte al palazzo reale è il Convento dei Domenicani di San Paolo, con una facciata di stile gotico, così ricca, stracarica di statuette, di bassorilievi, d'ornamenti d'ogni maniera, che basterebbe la met

È la sera del 18 gennaio 1800. Ferdinando con la reale consorte è al teatro S. Cecilia, pieno zeppo di spettatori. Il fiore della Nobilt