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Aggiornato: 14 giugno 2025


quantunque a la natura umana lece aver di lume, tutto fosse infuso da quel valor che l’uno e l’altro fece; e però miri a ciò ch’io dissi suso, quando narrai che non ebbe ’l secondo lo ben che ne la quinta luce è chiuso. Or apri li occhi a quel ch’io ti rispondo, e vedräi il tuo credere e ’l mio dire nel vero farsi come centro in tondo.

Quello che per gli uomini alla Quinta Casa, avveniva per le donne nel Ritiro delle figlie della Carit

Dopo il Cellulare, il Castello e il cubicolo, la quinta camerata dell'ex convento dei frati, dell'ordine di san Domenico, ci parve un paradiso. La percorrevamo in lungo e in largo con delle fiatate di soddisfazione. Finalmente qui si respira! Le pareti erano pulite, imbiancate di fresco, con del verde che girava tutto intorno a un metro d'altezza.

Tra tutti i condannati della quinta camerata preferiva don Davide. Il sacerdote nel camiciotto del recluso gli faceva sanguinare l'anima. Non gli pareva giusto che un uomo di «talento», come diceva lui, fosse in prigione per avere del «talento». Don Davide si soffiava il naso sovente a Finalborgo. Aveva preso un raffreddore che gli era divenuto cronico.

"Le domando scusa," rispose umilmente Alice: "ella è giunta alla quinta curvatura della coda, non è vero?" "No, doh!" riprese il Sorcio con voce acerba ed irata. "Che! c'è un nodo?" sclamò Alice sempre pronta e servizievole, e guardandosi attorno. "Mi conceda il favore di disfarlo!" "Niente affatto," rispose il Sorcio, levandosi e in atto di partire. "Lei m'insulta dicendomi tali scempiaggini!"

Questa è la quinta volta che il sottoscritto, fa stampare a breve distanza l'uno dall'altro, libricciuoli, per dimensione e valore, modesti. Un principio di monomania qualunque da potersi tollerare. Oggi abbiamo fatto un piccolo Romanzo: ma ahimè! gi

In quattro giorni consecutivi Emilio fece la terza, la quarta, la quinta ascensione del Grand Dru. Questo si chiama possedere una forza di resistenza e un «entraînement» non comuni.

Ben è vero che nella novella ottava della Giornata quinta del Decamerone noi leggiamo di una pena sull'andare di questa, benché per colpa tutt'altra.

«A nome dei miei compagni della quinta camerata disse loro don Davide vi dirigo il saluto in questo giorno di pace; come prete, io vi auguro la benedizione di Gesù Cristo che consoli il vostro cuore: accettate questo segno dei sentimenti del nostro cuore desideroso del vostro bene.» E incominciò subito la distribuzione. I volti duri dei galeotti si ingentilivano.

Lazzari, sentone, con gli occhiali che gli aveva prestato l'amico Scannatopi e che gli davano l'aria di una vecchia in collera, si dava furiosamente alla lettura, leggendo cento, centocinquanta pagine di un fiato, lasciandosi magari sorprendere dalla seconda ronda col libro in mano. Dove siamo adesso stiamo assai meglio che nella quinta camerata.

Parola Del Giorno

dell’esule

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