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Aggiornato: 17 giugno 2025
PANURGO. L'apparecchio per un mio amico di che ho da servirmene in un bisogno importantissimo. MORFEO. Sèrvite di me, che ti servirò al servibile e all'inservibile. PANURGO. Vuoi tu prestarmi mille scudi? MORFEO. Con che faccia cerchi a me mille scudi, che tutto intiero non vaglio dieci quattrini? Cercar dinari a me è come cercar acqua ad una pomice.
E quando la mala fortuna vuol rovinar alcuno, fa possibile l'impossibile. DON FLAMINIO. Non è stata tanto la mala fortuna quanto il tuo cattivo consiglio; né in cose disconvenevoli dovevi tu prestarmi consiglio né agiuto. PANIMBOLO. Voi che mi avete sforzato con tanti comandi m'accusate contro ragione. Ma chi può gir contro il cielo?
Ho voluto passar di casa a cambiare le scarpe e nella furia ho sbagliato, ho mescolate due paia. Ho calzato le due scarpe diritte e una mi fa veder le stelle. Puoi tu, Carlinetto, prestarmi una pantofola? Te ne posso prestar due, anima mia. Ti ho portato un panettone. Anche qui, guarda la mia distrazione!
Io non ho un tornese. Non si vorrebbe prestarmi questa somma sulla mia parola, nè sulle mie promesse. Vendendo quanto posseggo, non metto insieme dieci grana. I miei amici sono più miserabili di me... Bisogna dunque ch'io rubi? bisogna dunque ch'io uccida? Vi domando quella piccola somma a mutuo... Ascoltami, figliuolo: io non ho tempo da perdere. È mestieri che io vada in chiesa a cantar vespero.
Vorrebb'Ella, signor Conte illustrissimo, prestarmi una ventina di lire, onde io possa concorrere col mio obolo al sollievo di una sciagura veramente lacrimevole?... Prometto fra dieci o venti giorni, restituirle la piccola somma, anche a costo di vendere il paiuolo o il pagliericcio.» Il Conte si lascia commovere, e in luogo di venti, porge quaranta lire al vecchietto, dicendogli con affettuosa tenerezza: «tenete, buon uomo; non esigo restituzione, andate a compiere la vostra opera santa, ed io mi terrò felice di averci, in certa guisa, partecipato.» Il vecchio partì colle lacrime agli occhi, e il domani mandò alla famiglia derelitta la somma di cinquanta centesimi.
Era un viavai di carriole cariche d'alberi, di cespugli, di fiori, di terricci, di concime, di vasi e d'innaffiatoi, ed io stesso dovevo prestarmi aiutando a trapiantare e lavorare colla vanga e colle mani, quantunque fossi ancora un ortolano assai poco dirozzato. Quando l'inverno ci chiuse in casa, trovai la mia piccola dimora piena di vita.
Oltre i doni ricchissimi in verghe d'oro e d'argento, e in grosse pietre preziose che mi erano state inviate dalle provinci e fedeli del regno, le fanciulle del mio serraglio mi avevano mandato un'ambasciata di dodici delle più belle tra loro, incaricate di ricevermi e prestarmi ogni sorta di servigi nel padiglione.
«Quando dice un'istanza avanzata al Senato dal tenente Teodoro Psalidi, del Reggimento di Artiglieria dovetti fare le prove anche nelle scienze matematiche, volendo aspirare al grado di capitano-tenente, e mi venne imposto di prestarmi in tali studi che non mi erano mai stati prescritti, mai insegnati dai miei superiori, cui infine non ebbi mai il tempo di applicarmi, mi cadde l'animo.
Margherita Ah! L’antiquario.... Pietro Margherita Sì, sì.... Pietro Bello non è, e neppure giovanissimo.... Ma ha una buona clientela, è un negoziante intemerato, vende per roba antica tutto ciò che gli pare e piace.... Insomma, è un uomo per bene che ha parecchie dita di cervello e, all’occorrenza, ha anche tanto di cuore. Ieri, poveretto, voleva per forza prestarmi cinque lire.... Margherita
Voglio vedere, povere bestiole! e la zitellona corse fuori tenendosi alzato l'abito con tutte due le mani. Intanto anche Alessandro era lì per uscire. Senta gli disse Lalla all'uscio, fermandolo può prestarmi questo libro? e indicava il romanza di Dumas. Volentieri, s'immagini, quando vuole, duchessina. Ma non ne dir
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