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Aggiornato: 28 giugno 2025
Tra tutti i condannati della quinta camerata preferiva don Davide. Il sacerdote nel camiciotto del recluso gli faceva sanguinare l'anima. Non gli pareva giusto che un uomo di «talento», come diceva lui, fosse in prigione per avere del «talento». Don Davide si soffiava il naso sovente a Finalborgo. Aveva preso un raffreddore che gli era divenuto cronico.
Ardì affermare, ricuperando i sensi, che Emilia doveva esser la figlia di quella dama. N'era convinta; sapeva che la sua rivale, sposando il marchese, gli preferiva un altro, e non dubitava che una passione sfrenata non avesse, come la sua, trascinata la marchesa a qualche fallo.
E, forse, sentiva pure che quell'uomo dal viso pallido e dallo spirito ascetico, sarebbe stato a lungo andare, ancora più pesante di Titta Damonte, e però, quasi quasi, per non averci impicci, preferiva meglio tenerselo lontano.
Era tardi, quando Sant'Aubert ed Emilia si ritirarono nelle loro stanze; Valancourt restò dinanzi alla porta. In quella bella stagione preferiva siffatto posto ad una stanzuccia e ad un letto di pelli. Sant'Aubert fu alcun poco sorpreso di trovare nella camera Omero, Orazio ed il Petrarca, ma il nome di Valancourt scritto su quei volumi, glie ne fece conoscere il possessore.
Non era nobile, il signor Lesarini, che debbo ora descrivervi; era abbastanza ricco per vivere ozioso, e amava consumare i suoi ozi fuori del ceto in cui l'aveva fatto nascere il caso. Tra i suoi pari sarebbe stato un signore; ma ognuno ha i suoi gusti, ed egli preferiva stare coi nobili, facendo il servitore. Uomo maturo, si atteggiava a giovanotto, accettando seriamente il titolo di «molto pericoloso» che gli davano tutti per celia, lasciandolo volentieri accanto alle loro met
In casa non mancava nulla; il marito consegnava alla moglie tutta la sua settimana e non spendeva un soldo all'osteria; dicendo che se la sera si sentiva voglia di bere un bicchiere di vino, preferiva di berlo in casa, nella sua cameretta tepida e ben illuminata, avendo accanto la moglie e la figlia, che lo rallegrava col raccontargli i fatti e gli avvenimenti della scuola, e colle sue allegre risate.
Chi poteva essere costui che preferiva alla strada comoda che sale dalla parte di ponente, questo sentiero da scoiattoli? Due sole ipotesi possibili, uno cui preme non farsi scorgere, oppure un matto come me che abborre le strade battute e ama meglio fiaccarsi il collo che seguir gli altri. Questa seconda supposizione era la più probabile.
Fu una scena atroce, nella quale l'uno dimostrò un'impudente barbarie, l'altra una pertinacia che sopravviveva per fino alle forze fisiche. Emilia dichiarò mille volte che preferiva rinunziare a tutti i suoi diritti, anzichè vedere gli ultimi momenti della infelice zia amareggiati da quel crudele diverbio.
Mai più, se pur ella fosse vissuta, mai più la loro affezione si sarebbe svolta limpida e calma come l'acqua d'un gran fiume che corre tra due rive fiorite; mai più nelle placide sere, seduti l'uno accanto all'altra, avrebbero discorso tranquillamente d'arte, di letteratura, di musica; mai più ell'avrebbe suonato per lui i pezzi ch'egli preferiva.
Galba preferiva ai ragazzi gli uomini robusti, non importava se fossero anche gi
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