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Aggiornato: 11 giugno 2025
PANIMBOLO. E li dái morte e sepoltura ad un tempo. DON FLAMINIO. Lasciamo i scherzi: ragionamo di Carizia, ché non ho maggior dolcezza in questa vita. LECCARDO. Ed io quando ragiono di mangiare e di bere. DON FLAMINIO. Narrami alcuna cosa: racconsolami tutto. LECCARDO. Ti sconsolerò piú tosto. DON FLAMINIO. Potrai dirmi altro che non mi ama? lo so meglio di te.
Si chiama giuoco, perchè, per quanto tu faccia, non potrai mai forare da banda a banda il tuo avversario. Conosci la tua lancia? O messer sì.
Questo è poco, Crisaulo, ché sei tal che potrai sempre vivere in questo mondo con onore, se ben ti biasmi il popolo e la plebe: perché questo è lor proprio né alcun vive dai lor morsi securo; e spesso i morti gli sentono anche lor dentro a la terra. E questo è, per il piú, che è gente vòta di robba e di pensieri; e altro non hanno u' esercitar la lor maligna mente che ne' fatti d'altrui.
No, no, piccola amica! Io non posso farti una visita, stanotte.... Perdona, dunque la scortesia involontaria. Addio, piccola amica!... Devo portare altrove questo grosso papa in catene! Tu mi segui cogli occhi, tenendo pei fianchi la tua cuginetta che ride, ed io odo il tuo pensiero: «Oh incorreggibile monello! Non potrai mai calmarti, mio grande ragazzo?... Quale nuova pazzia vai macchinando?
GHERARDO. A chi m'ha mancato di fatti, sí: oltra che tu non sai se la potrai riavere o no. Tu mi vòi vendere l'uccello in su la frasca. Ho ben sentito, quando tu ragionavi con Clemenzia, il tutto. VIRGINIO. Quando io non la riabbia, io non te la vo' dare; ma, s'io la riaverò, non sei contento che le nozze si faccin subito?
E bene, disse il marchese, alzandosi, e volendo liberarsi da quell'incubo, che le parenti milionarie di mia moglie muoiano presto e io abbia in mano i loro milioni: che Diana sia presto sotto la protezione del Re... e allora tu avrai tutto il denaro che vuoi: potrai prender moglie: e io sarò felice... che tu mi ti levi dinanzi! queste ultime parole pronunziò a bassa voce.
Luce di mia vita, che al cor lasso di sí dolci pensieri fosti esca un tempo, altro or da me non vuoi che pianto e morte. È venuto omai l'ora. La ti do volentieri. FILENO. Aimè, padrone! CRISAULO. Io passo. Potrai dirle tu con vero ch'io son morto per lei. FILENO. Timaro, corri; porta aceto rosato e malvagía e confessioni. Aimè! ch'io tremo tutto, ché 'l padron si vien meno.
Farinata e 'l Tegghiaio, che fuor si` degni, Iacopo Rusticucci, Arrigo e 'l Mosca e li altri ch'a ben far puoser li 'ngegni, dimmi ove sono e fa ch'io li conosca; che' gran disio mi stringe di savere se 'l ciel li addolcia, o lo 'nferno li attosca>>. E quelli: <<Ei son tra l'anime piu` nere: diverse colpe giu` li grava al fondo: se tanto scendi, la` i potrai vedere.
Pel mondo, di paese in paese. Suonerai il tamburo; potrai imparare a muovere i burattini, a farli parlare. Magari! Sai leggere? Nisba. Che cosa vuoi dire? No; si dice così. T'insegner
Quando Iddio cacciò la terra nello spazio infinito, mandò una voce all'Uomo che l'animava: va! tu sei chiamato ad alti destini: io t'ho creato a mia imagine; ma tu non mi contemplerai faccia a faccia, se non quando potrai posarti davanti a me nella pienezza delle tue facolt
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