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Non mi batter piú la porta. Debbi essere ubbriaco. TIMARO. Apri qui, fiera! Ti taglierò un'orecchia. PILASTRINO. Questa volta, voglio che tenga di mula di medico cosí come sei bravo. TIMARO. Quello è desso; è Pilastrin. Parti che ha scelto l'ora di andare al letto? Mi bisogna averlo con le buone. Odi, o Pilastrin: ti prego; fatti fuori. PILASTRINO. Tu m'hai rotto la testa. TIMARO. Ascoltami.

Ed ella chiama Eparo lavoratore ivi a caso per farsi aiutare: il che dimostra l'avarizia di Girifalco che non teneva famigli. PILASTRINO, ORGILLA, EPARO villano. PILASTRINO. Orgilla! o Orgilla! ORGILLA. E che vuoi, Pilastrin? PILASTRINO. To' questa robba. Non morrem giá di fame. ORGILLA. Oh! Oh! Puon mente. Ve' quanta robba! Oimè! Mi faccio il segno. Che vòl dir questo?

Artemona, cercando Crisaulo, si incontra in Pilastrino rivestito de' panni del vecchio scorciati e rifatti; e li dimanda di Crisaulo. E, non avendo da lui risposta a proposito, lo lascia; e, trovato Crisaulo, li per consiglio che dia parole a la madre di Lúcia di sposar la figliuola. ARTEMONA. Io non so omai piú dove cercar quest'uomo. Sará andato in villa. Quel non è Pilastrin?

GIRIFALCO. Pilastrin, piú regola. Non è poi meraviglia se stai sempre malsano perché nuoce fuor di modo il ber cosí ad ogni ora; ché, nel corpo, fa come, in un laveggio, mentre bolle, puor l'acqua fredda che toglie il bollire: onde nascon di poi l'infermitá, come tu vedi. PILASTRINO. Oh! co! co!

Non c'è nessuno? So ch'io gli sveglierò o che la porta anderá in terra. PILASTRINO. Chi è giú? Corri al fuoco, impazzato! Son fatte le limosine. Che cerchi tu? TIMARO. Non gridar di , boia! Deh! scendi a basso. PILASTRINO. Tu vuoi pur la baia! Che dimandi? ché vo' tornare al letto. Che discrezione! TIMARO. Vedi u' son condotto! Cerco di Pilastrin. PILASTRINO. Mi par che uccelli la fava.

Scherza e salta e pigliati sollazzo or, Pilastrin, ché di troppa dolcezza par che ti senta andar tutto in condime. Oh! Ve' che starò, un tratto, un giorno allegro! ché è giá quindici che sono stato come le donne quando han le lor cose, fortuna ladra! CRISAULO. E che debbo dire io? ch'in duo sol giorni era giá fatto tale ch'ora mi pare uscir di sepultura e tornar vivo.

Tu lo guardi cosí forte, o Pilastrin? PILASTRINO. Lo voglio affigurare. Li vo' toccar la man, ché siam parenti. Filocrate crestoso, hai pur rubbato la spoglia d'un saccone? e t'hai con essa vestito? A questo estremo di prudenza t'han pur condotto i tuoi ruvidi amori? Guarda che cera! Non pare il legato de la peste e la fame?

LISTAGIRO. Fa' in modo, Pilastrin, che non vegnamo a le mani in fra noi. PILASTRINO. Partirem tutto. Nettiam pur presto. Fronesia, parlando con Lúcia, dimostra averle giá contato quel che pensò cercando Filocrate; e di nuovo gne le narra; e, messole in disgrazia Filocrate, le mostra che fece male a dir villania a la roffiana e le persuade che, per l'avenire, la tenga amica.

Tra voi gridate e menate le mani, pur ch'io panebri. ORGILLA. Tu tirerai in fallo, Pilastrin, questa volta, ché la carne rimasta è in beccaria. Che vuoi ch'io cuoca? le miei mutande? PILASTRINO. Giá denno essere arse, se l'hai portate un , ché 'l vostro fuoco non cuoce o scalda. GIRIFALCO. Pilastrin mio caro, tu vedi.

Discrizione! È troppo, Pilastrin: lascialo stare. Togliamcene, piú presto, un poco spasso. FILOCRATE. «Apparecchiate la strada al Signore», diceva il gran Battista nel diserto, per convertire ogni selvaggio core e, con la penitenza, farne aperto il buon sentier che giá l'antica gente chiuso n'avea facendol duro ed erto.