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Aggiornato: 25 giugno 2025


Soave, irresistibile languore s'insinuava nel corpo; l'anima s'innalzava nel vago, negli spazi illimitati di Dio. Un cristiano avrebbe creduto, un poeta vaneggiato, una donna avrebbe soccombuto a qualunque parola di amore, un uomo avrebbe perdonato.... I due viaggiatori non si accorgevano di nulla.

Non è bene forse ch'egli sia tornato e che abbia perdonato? , , Tilde: non piango per questo. E allora? Non ti pare ch'egli abbia sofferto?

Desiderando io l'esaltazione della santa Fede Cristiana e di questa Serenissima Repubblica, che con tanto valore tanti anni sono si impiega combattendo contro il comune nemico, non ho perdonato a fatica alcuna nell'andar da Polonia in Persia e venire di Persia a Venezia, a portare lettere di quel re di Persia a Vostra Serenit

Ora sorgi... Chi troppo si curva alla terra, i suoi consigli si risentono di fango... Vieni, e sii uomo. Io nell'impeto del mio dolore diffidai della misericordia di Dio; egli mi ha perdonato, perchè sento scendermi su l'anima la serenit

O Ezio, tu devi aver molto coraggio... prese a dire Flora carezzevolmente. Perchè? per chi? Flora? chiese egli soffermandosi. Per te, per i tuoi, per noi tutti... So che mi volevi bene, povera Flora si abbandonò a dire imprudentemente l'infermo, lasciandosi prendere e trascinare dall'onda di quella soave compassione ch'era venuto a cercarlo. Mi hai perdonato, Flora, il male che ti ho fatto?

» Orbene, continua Ildebrando, tu dunque devi recarti al priore di Lacedonia. Se Ildebrando l'odiava, il papa gli ha perdonato e seco vuole riconciliarsi. Egli ti aveva mandata a me a Montecasino, confidando nella tua mediazione, perchè lo salvassi. Mal non si appose, perchè io col tuo mezzo, e col tuo mezzo solamente, voglio e posso salvarlo. Che fiducioso torni a me. Non chiedo neppure che mi domandi perdono dappoichè gi

Povero Tito Maccio! A tutti, in Roma ne seppe male. Ma non a lei, non alla donna per cui mi trovavo in quel guaio. Quando ella udì della nuova arte che imparavo, rise, rise saporitissimamente. Poverina! Aveva così bei denti! Tu le hai perdonato? Che vuoi?

Intanto, la religione dei sepolcri si era impossessata dell'animo di Spinello Spinelli. Quante volte gli era dato di escir solo dal suo lavoro quotidiano, egli andava nel chiostro del Duomo vecchio, per inginocchiarsi sulla pietra di madonna Fiordalisa, e ripetere con pienezza d'affetto la sua triste domanda: mi avete voi perdonato? Ahimè, povero Spinello! La pietra sepolcrale era muta; la voce arcana, invocata da lui, non si faceva sentire. Si sarebbe dello che le anime dei trapassati sdegnassero di vigilare qualche volta sulle ossa abbandonate, o che la salma di madonna Fiordalisa non fosse l

ESSANDRO. Il misero non crede a nulla che di ben gli sia detto. PANURGO. Vieni, corri, vola e vedi il tutto vòlto in allegrezza. ESSANDRO. Rispondi a quanto ti domando, parla piú chiaramente il tutto: Cleria è fatta mia? PANURGO. . ESSANDRO. Gerasto m'ha perdonato? PANURGO. . ESSANDRO. È venuto mio zio Apollione? PANURGO. . ESSANDRO. Mio padre ancora? PANURGO. .

Questo è quello peccato che non è perdonato di qua di , perché non ha voluto, spregiando, la mia misericordia; però che piú m'è grave questo che tucti gli altri peccati che egli ha commessi. Unde la disperazione di Giuda mi spiacque piú e fu piú grave al mio Figliuolo che non fu el tradimento che egli gli fece.

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