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Aggiornato: 7 giugno 2025


Poi, tornato in mezzo alla stanza, colla più comica disperazione disse alle donne: Povere voi! che cosa avete fatto! E non dovevamo trattarlo così? esclamò Teresa. Si provi a ritornare! Ma non capite, replicò don Omobono, che vi siete rovinate? E quello ch'è peggio si è che avete rovinato anche me, che non ci entro per nulla.

Si levò a sedere, origliò; il cuore le batteva con rapidissimo sussulto; desiderava che alcuno venisse, fosse anche l'ignoto suo persecutore. Non s'era ingannata; era il passo d'un uomo che saliva a quella stanza. La porta fu schiusa, e subitamente essa riconobbe, sebbene da lungo tempo non l'avesse più veduto, il signor Omobono.

Signora Maria, soggiunse il sacerdote, sono venuto a incomodarvi... Anzi!... disse la donna. Don Omobono, accomodatevi. Sono venuto per quella messa che siete solita a far dire tutte le settimane per le anime del purgatorio. Bravo! appunto vi aspettava.

Quest'uomo dunque che, per disgrazia aveva comune con lui anche le poco splendide vesti, appena il vide fattagli una festa cordiale: E così, gli disse; come ti sei comportato Omobono, e la fortuna come s'è comportata con te? Benissimo l'uno e l'altra, Elia, per quanto riguarda me solo, ma è pur sempre vero che i nostri godimenti non hanno ad essere intieri. Tu gi

I denti gli battevano come per freddo, e i muscoli della sua faccia erano ad ogni momento travagliati da un contorcimento convulsivo, che gli faceva allargare la bocca in direzione delle orecchie, e avvicinare la punta del naso a quella del mento. Che cos'ha, don Omobono? chiese Teresa. Niente, niente, balbettò egli. Mi permettete di passare per andare nella mia stanza? S'accomodi pure.

Nel giorno seguente a quello in cui ebbe luogo l'esecuzione, don Omobono, incantucciato fra due pilastri di un palazzo in piazza del Gesù, guardava a bocca spalancata una finestra del primo piano, nella casa dirimpetto: aveva saputo appunto allora, nella sagrestia del Gesù, che stava per morire un ricco signore, pel cui funerale si sarebbero dette delle messe da uno scudo l'una per lo meno, ed egli gi

Il signor Omobono e il Rosso, attraversata la piazza, si discostarono dall'opposto lato, ricominciando fra loro a parlar più chiaro, e con maggior gelosia. Capitolo Decimosesto

Ma prima..., soggiunse don Omobono, parlando a stento, come se un nodo gli avesse serrata la gola. Prima bisogna... che voi andiate in persona alla Direzione di Polizia... per la vidimazione del passaporto, altrimenti... Ebbene, vado subito. Attendi ai ragazzi, Teresa. Ritorno in un batter d'occhio. Ogni ora che rimango in Roma, mi pare un secolo. Pare che il terreno mi bruci sotto i piedi.

Poi chiese a Lucia, che attendeva con Teresa a far cuocere la minestra: Il piccino? È nella sua culla che dorme, rispose la moglie. E la minestra è cotta? Manca poco; aspetta. Oh don Omobono! riprese Monti, salutando il prete di vettura. Perdonate; non vi aveva veduto. E tu non parli quest'oggi, Teresa? Che cos'è? Ve ne state tutti ingrugnati? cosa è avvenuto? che cosa c'è di nuovo?

La Teresa adunque si andava sfogando col signor Omobono di que' novelli suoi dispiaceri. Ma intanto ella non sapeva che una disgrazia assai più grande era vicina, non sapeva che il suo Damiano, compreso nella coscrizione di quell'anno, poteva essergli tolto da un giorno all'altro.

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