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Aggiornato: 18 maggio 2025


La neve sull’alta alpe è di ogni stagione. Ma l’estate, la terra tutta calda di vita germinativa la respinge; i fiocchi radi e leggieri svolazzano a lungo per l’aria aggirati dal vento e sfiorato appena il sommo delle erbe, si squagliano e svaniscono, come le monachine quando vanno a letto. Tuttavia la gente del luogo li guarda con tristezza temendo che un capriccio di stagione non li insaldi durevolmente alla terra. Quando il terreno dura bianco per lo spazio di due giorni c’è da temere che non imbruni più. Allora l’estate precipita di colpo nell’inverno che la neve precoce fa presagire rigidissimo. Lassù l’anno ha due sole stagioni: le estreme. Come in Giugno l’ultima crosta di neve cova l’erbe gi

«Guardai mio padre che piangeva in un angolo; quando mi dissero di andarmene, rifiutai, e allora mi misero fuori a colpi di calcio di fucile. «Trovatomi così in istrada, una sera del febbraio 1852, senza un soldo in tasca, mi misi in cammino alla volta di Condrieux. Faceva molto freddo e la terra era coperta di neve.

Quando si potè scoprire qualche cosa, non ci fu più dubbio: erano esseri umani quelli che erano sepolti in mezzo alla neve.

S'era liquefatta la neve: al raro lume di qualche bottega ancora aperta lucevano qua e l

ARTEMONA. E, per ventura, debbi veder tutti quegli animali, aspiti, bisce, tarantole e serpi, come se fossi in banco. PILASTRINO. Bene spesso. M'agghiaccio, poi, e m'affreddo e mi risolvo come la neve al foco e al vento nebbia, s'io sto, l'inverno, che non magni sempre e mi scaldi col vino. ARTEMONA. Siam piú d'uno.

Lascio considerare a chi legge se noi potevamo ricusare una novella in una serata d'inverno quando la neve fiocca, standoci seduti al canto del fuoco?

Non cessò per questo la sua meraviglia, anzi crebbe quando scorse ai piedi della cappelletta, dove diluivasi sulla neve ammucchiata la luce rossigna della lampada, un bel mazzo di rose gialle fiorite, di quelle belle rose rêve d'or che egli aveva regalate il Flora il primo giorno della sua convalescenza. Come potessero fiorire delle rose in quel mucchio di neve era un miracolo inesplicabile.

La tua man breve, passando, i fiori coglie: par tra le foglie, tra i calici di neve una farfalla, lieve. Ma, come pieno è il grembo, ti riposi: palpita il seno, bevono il gran sereno li occhi meravigliosi; e dolcemente stan su i fiori adagiate le mani. Oh fate, belle mani adorate, il gesto che consente! La Luna diffonde pe' cieli suo latte: a lei, chiuse e intatte, sospiran le selve, profonde.

Ché dopo un breve tuono e un parapiglia v'andaste in fummo o dileguaste in guazzi; e fu la vostra quella maraviglia delle cittá di neve de' ragazzi. Cosí va chi aver fama si consiglia dal rumorio di stolti popolazzi, ch'oggi al poeta fan plauso e decoro con la ragion che poi lo fanno al toro. Segua che vuole a questo mio libretto, di Marfisa bizzarra io cantar voglio.

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