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Alle sette con affrettato passo si giunse sul monte che sovrasta a Melito. Sul monte parallelo e separato dal nostro per una stretta e profondissima gola accampava Garibaldi con quattromila uomini. Un grido prolungato di gioia e un agitar di berrette salutarono la nostra venuta. Era la sera del 20 agosto. Giù a mare il Franklin, che trasportò Garibaldi, giaceva arenato, il Torino, fulminato da due navi borboniche, divampava, ed una terza nave mandava a noi un benvenuto di granate e di bombe. Il mattino del 22 eccoci sotto Reggio. Garibaldi, impegnato gi

Udillo il generale e rise; indi ripigliò: Per passare lo stretto ci fu mestieri girare mezzo Mediterraneo da Messina a Caprera, a Palermo, alle acque di Malta, a Melito, e Persano con due fregate gustava da Messina la musica delle cannonate borboniche contro i nostri tapini vapori da trasporto.

Un malato, il numero 34, un vecchio colono da Melito, si levò a sedere sul letto e si sberrettò, con una grande reverenza, mormorando qualcosa. La suora gli rispose con un piccolo moto del capo. Forse gli sorrise, ma le tese larghe della cornetta c'impedirono di vedere. A un posto della sala si chinò, raccolse la buccia d'un'arancia e per l'aperto finestrone la buttò giù nel cortile. Poi sparve.

Aggiugni che lo sbarco a Melito gli costò più pensieri dello sbarco a Marsala. Volgendo il discorso al marchese Trecchi suo aiutante, inviato e agente di Vittorio Emanuele, dissegli con qualche mestizia, ma senza amarezza: Il vostro ammiraglio Persano aveva l'ordine di lasciarmi colare a picco.

La fortuna però doveva continuare a proteggere la giusta impresa, ed al ritorno del Washington dagli Aranci, il Dittatore s'avviò verso Taormina, ove il generale Sirtori aveva diretto due piroscafi per il Mezzogiorno della Sicilia il Torino ed il Franklin. Imbarcossi col generale Bixio la di lui Divisione e felicemente giunsero a Melito sulla costa meridionale della Calabria. De' vivi inferno!

I Calabresi dovevano presidiare la cittadella e i duecento infestare i regii lungo il semicerchio della via consolare alla marina da Amendolio a Melito, a Montebello, a Motta San Giovanni: centro San Lorenzo. Il nemico, custode della costa, s'accinse alle offese, e di tal forma la bisogna procedeva letteralmente secondo le nostre intenzioni.

Da Melito, ove la divisione Bixio, dopo d'aver tranquillamente ed ordinatamente eseguito lo sbarco, sopportò un forte cannoneggiamento della flotta nemica che ebbe per risultato l'incendio del magnifico piroscafo, il Torino, da Melito, dico, si marciò per la spiaggia occidentale delle Calabrie verso Reggio.

Accostò alla ferita le labbra e succhiò, rigettando il sangue e il veleno, forbendosi le labbra bianche col gran moccichino scuro a quadroni. E allora tutta la sala numero quattro proruppe in un applauso. Il colono di Melito agitava il berrettino... Dove sei ora, piccola monaca bianca, Carmela, mistica anemica, figlia della laguna, ove sei?

Senza indugio riunimmo i soldati. Il cannone romoreggiava indefesso. Garibaldi! Garibaldi è arrivato, ripeteva giubilando ciascuno di noi. Prorompendo tutti da San Lorenzo alla marina, un corriere al galoppo recò il seguente biglietto al maggiore: «Sbarcai a Melito. Venite