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Aggiornato: 5 giugno 2025
CHIARETTA. Buon can per certo, che, per aver avuto tutta notte la caccia tra' piedi, è stato sí sonnacchioso che non ha voluto mai alzar la testa né in drizzarsi alla via per seguitarla. MARTEBELLONIO. Il mio can ha piú cervello che non ho io, che conosce all'odor la fiera, ché né per stuzzicarlo né per sferzarlo si volse mai spinger innanzi.
LECCARDO. Voi elegeste il peggior luogo, perché il sole vi feriva negli occhi; e poi quello occidente porta seco malaugurio: che dovevate esser ucciso. MARTEBELLONIO. L'arte tua è della cucina e appena t'intendi se la carne è ben allessa. Che téma ho io del sole? con una cèra torta lo fo nascondere coperto d'una nube.
Come il veggio cader dal cielo come una nubbe, vengo in piazza e lo ricevo nella palma; ché si desse in terra, se ne andrebbe fin al centro del mondo. LECCARDO. Che bevea? il mangiar il pane solo l'ingozzava e potea affogarsi. O si morí di sete? MARTEBELLONIO. Bevé un canchero che ti mangia! LECCARDO. Oh s'è bella questa, degna di un par vostro!
LECCARDO. Che sète struzzo che digerite quel ferro? MARTEBELLONIO. Lo digerisco, e diventa acciaio. LECCARDO. Dovete tener l'appalto con i ferrari dell'acciaio che cacate. MARTEBELLONIO. Andrò a consultar un duello e tornando mangiaremo: cosí ad un tempo sodisfarò alla mia fama e alla tua fame.
MARTEBELLONIO. Non sai tu che Marte è dio del quinto cielo, il dio dell'armi? e Bellona delle battaglie? LECCARDO. Che avete a far con loro? MARTEBELLONIO. Non sai che son suo figlio e son lor luogotenente dell'armi e delle battaglie in terra, com'eglino tengono il possesso dell'armi nel cielo? però il mio nome è di «Marte-bellonio». LECCARDO. E per chi gli mandate il dispaccio?
Poi «uccidente» è quello che uccide: io avea da esser l'uccidente, ella l'uccisa. LECCARDO. Seguite. MARTEBELLONIO.... Il ballonetto era la montagna di Mauritania. A me toccò il primo colpo; percossi quella montagna cosí furiosamente, che andò tanto alto che giunse al cielo di Marte, e non la fece calar giú in terra per segno del valor del suo figlio....
LECCARDO. Cancaro! bisogna star in cervello con voi! MARTEBELLONIO. Quando mi porterai nuova che vada a giacer con lei, ti farò un pasto da re.
MARTEBELLONIO.... Certo sará imbriacato, e ficcatosi in qualche stalla si sará disfidato con la paglia a chi piú dorme. M'è salito capriccio in testa di Calidora e vorrei sborrar fantasia. Ben venghi il bellissimo e innamoratissimo capitano! MARTEBELLONIO. O Leccardo, ti son ito cercando tutt'oggi. LECCARDO. Se foste venuto dov'era, m'areste ritrovato al sicuro.
MARTEBELLONIO. Dille che non è picciol favore che un mio pari s'inchini ad amar lei, ché son amato dalle piú grandi donne del mondo. LECCARDO. Andrò a dirglielo. MARTEBELLONIO. Ma non con certe parole umili che cagionino disprezzo, ma con un certo modo altiero che cagioni verso me onore e riverenza.
MARTEBELLONIO. Io non so punger cosí con la spada come tu pungi con la lingua; ma ti scampa ché sei ignobil feminella, che vorrei con una stoccata passarti da un canto all'altro. CHIARETTA. Non temo le tue stoccate, ché la tua spada si piega in punta. MARTEBELLONIO. O Dio, se non temessi che, cavando la spada fuori, la furia dell'aria conquassata movesse qualche tempesta, vorrei che la provassi!
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