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Aggiornato: 21 luglio 2025


FORCA. Molte girandole mi vanno per la testa: mi stillo il cervello e ordisco gran matasse, ma non mi sono ancor rissoluto ad alcun partito. PIRINO. Aiutami. FORCA. Mi uccidete. PIRINO. Il breve termine che Mangone ha dato a Melitea di gir al dottore, è il termine della mia vita: intanto io sto nel mezzo delle fiamme ardenti. Rispondemi.

MANGONE. Filace, fa' calar quello schiavo. Vedrete che non v'ho detto bugia: avanzará con la presenza quello che vi ho depinto con le parole. Ma avertite che non vi lascerò un quattrino di trecento scudi, perché val cinquecento, e vo' che voi ne siate giudice.

DOTTORE. Non lo dubito, ma lo tengo per certo: perché intendo che da Pirino e da Forca ti sia stata sbalzata di casa. MANGONE. Saranno eglino prima sbalzati da una forca. DOTTORE. Di grazia, toglimi da tale ambascia, ché mi bolle nel cor un strano desiderio di vederla. MANGONE. Volentieri. O Filace, o Filace! FILACE. Che volete? MANGONE. Che cali giú Melitea, ché la vuole veder il dottore.

CAPITANO. Un corsaro si chiama soldato e non ladro. MANGONE. Tu sei un di quei soldati che non dái batterie se non alle case private e alle porte delle botteghe. CAPITANO. O fussi incontrato piú tosto con la nave in un scoglio che in costui! MANGONE. O fussi venuto piú tosto in Napoli un diavolo che tu! Ma qui arai condegno castigo delle tue opere, ché vendi i cristiani per turchi e per mori.

E pur ciò sarebbe nulla, se amor non avesse voluto mostrar in me l'ultimo essempio della sua possanza, accendendomi d'alti e generosi pensieri in cosí misero e abietto stato, e alfin costretta a morirmi di fame in prigione. FILACE. Melitea, Mangone ti licenza che ti pigli un poco di spasso con veder cantare e ballar questo schiavo. MELITEA. Altro che balli e canzoni mi stanno nel capo!

Andiamo a Mangone prima, veggiamo se Melitea sia in casa e poi rimediaremo al tutto. PANFAGO. Andiamo. DOTTORE. E se troverò che sia vero quanto hai detto, prenderò tal vendetta di loro che li farò pentir mille volte d'avermi ingiuriato. PANFAGO. Or do a desinare alla mia rabbia e da bere alla mia sete: la vendetta compenserá la noia dell'una e dell'altra. DOTTORE. Ecco la casa, io batto.

FORCA. Appresso vestiremo Panfago, che non è conosciuto da Mangone, da raguseo perché avemo inteso da lui, questa mattina, che voleva andar al molo a comprar schiavi, ché dica esser fattor del raguseo e gli venda voi per schiavo, per quello prezzo ch'egli vuole, perché vi meni a casa. Esso, perché spera guadagnarvi con Filigenio vostro padre, da cui n'è stato pregato, vi comprará sicuramente.

PANFAGO. Da quaranta in cinquanta, e giá li voleva portare in Ispagna; ma per aver incontrato per il camino certe fuste le quali facevano l'amore con la nostra nave, l'è paruto piú sicuro fermarsi qui in Napoli, se forse li potesse qui smaltire. MANGONE. Filace, vien qui fuori. FILACE. Eccomi. MANGONE. Hai dato da far collazione a quei giovani?

O Forca, ti veggia alzato in mezzo due forche che arrivino insin al cielo! o che Dio ti dia la mala ventura! DOTTORE. Tu l'hai avuta giá. Ma perché non cominci il lamento sopra i cinquecento ducati? Il lamento fallo sopra di te: che tu l'hai perduti, che colpa n'ho io? MANGONE. Son piú misero di quanti uomini sono stati o saranno o sono. O tristo me! DOTTORE. Anzi, me! MANGONE. Son rovinato.

Ecco amboduo sbalzati fuora della casa del ruffiano e condotti in casa vostra: cosí il giorno l'arete nera in casa, e la notte bianca in letto, lavandole la faccia. PIRINO. Ogni cosa va bene, eccetto che come Mangone troverá quello in casa vestito de' panni di Melitea, lo porrá in mano della giustizia, e la corda li fará confessare il furto usato da noi.

Parola Del Giorno

serafica

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