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Aggiornato: 14 giugno 2025
«Ma non sí», gli diede speranza l'ora del tempo ecc., «Che paura non mi desse La vista», cioè la veduta, «che m'apparve», appresso la lonza, «d'un leone. Con questo mostrava, impropriamente parlando, di aver paura di lui.
ma se' venuto piu` che mezza lega velando li occhi e con le gambe avvolte, a guisa di cui vino o sonno piega?>>. <<O dolce padre mio, se tu m'ascolte, io ti diro`>>, diss'io, <<cio` che m'apparve quando le gambe mi furon si` tolte>>. Ed ei: <<Se tu avessi cento larve sovra la faccia, non mi sarian chiuse le tue cogitazion, quantunque parve.
Le prime eran cornute come bue, ma le quattro un sol corno avean per fronte: simile mostro visto ancor non fue. Sicura, quasi rocca in alto monte, seder sovresso una puttana sciolta m'apparve con le ciglia intorno pronte; e come perche' non li fosse tolta, vidi di costa a lei dritto un gigante; e baciavansi insieme alcuna volta.
Indi m'apparve un'altra con quell'acque giu` per le gote che 'l dolor distilla quando di gran dispetto in altrui nacque, e dir: <<Se tu se' sire de la villa del cui nome ne' dei fu tanta lite, e onde ogni scienza disfavilla, vendica te di quelle braccia ardite ch'abbracciar nostra figlia, o Pisistrato>>. E 'l segnor mi parea, benigno e mite,
e tutti e sette mi si dimostraro quanto son grandi e quanto son veloci e come sono in distante riparo. L'aiuola che ci fa tanto feroci, volgendom'io con li etterni Gemelli, tutta m'apparve da' colli a le foci; poscia rivolsi li occhi a li occhi belli. Paradiso: Canto XXIII Come l'augello, intra l'amate fronde, posato al nido de' suoi dolci nati la notte che le cose ci nasconde,
e tutti e sette mi si dimostraro quanto son grandi e quanto son veloci e come sono in distante riparo. L'aiuola che ci fa tanto feroci, volgendom'io con li etterni Gemelli, tutta m'apparve da' colli a le foci; poscia rivolsi li occhi a li occhi belli. Paradiso: Canto XXIII Come l'augello, intra l'amate fronde, posato al nido de' suoi dolci nati la notte che le cose ci nasconde,
Noi eravam lunghesso mare ancora, come gente che pensa a suo cammino, che va col cuore e col corpo dimora. Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino, per li grossi vapor Marte rosseggia giu` nel ponente sovra 'l suol marino, cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia, un lume per lo mar venir si` ratto, che 'l muover suo nessun volar pareggia.
Vidi la figlia di Latona incensa sanza quell'ombra che mi fu cagione per che gia` la credetti rara e densa. L'aspetto del tuo nato, Iperione, quivi sostenni, e vidi com'si move circa e vicino a lui Maia e Dione. Quindi m'apparve il temperar di Giove tra 'l padre e 'l figlio: e quindi mi fu chiaro il variar che fanno di lor dove;
Foscolo Odi allora un sogno ch'io feci quando piú contro me infierivano i pedanti gabbati dalla mia Chioma di Berenice. La rupe di Mènnone, onde io avevo ragionato nelle chiose, m'apparve fra le tenebre, e mi disse: «Poeta, io mi levo sul deserto, sola, immobile, gelida nel basalto negro. Si abbattono su me stormi d'augelli, e non vi annidano: nugoli di germi, e non vi allignano: scrosci di piogge, e non mi corrodono. Le genti additano da lungi la mia aridit
e la` m'apparve, si` com'elli appare subitamente cosa che disvia per maraviglia tutto altro pensare, una donna soletta che si gia e cantando e scegliendo fior da fiore ond'era pinta tutta la sua via. <<Deh, bella donna, che a' raggi d'amore ti scaldi, s'i' vo' credere a' sembianti che soglion esser testimon del core,
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