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6 Ma perch'io vo' concludere, vi dico che nessun'altra quell'ira pareggia, quando signor, parente, o sozio antico dinanzi agli occhi ingiuriar ti veggia. Dunque è ben dritto per caro amico, che subit'ira il cor d'Orlando feggia; che de l'orribil colpo che gli diede il re Gradasso, morto in terra il vede.

Noi eravam lunghesso mare ancora, come gente che pensa a suo cammino, che va col cuore e col corpo dimora. Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino, per li grossi vapor Marte rosseggia giu` nel ponente sovra 'l suol marino, cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia, un lume per lo mar venir si` ratto, che 'l muover suo nessun volar pareggia.

Lo prego io, sempre, perchè vi dia la pace. O femmina ipocrita! Non vi burlate anche del Signore, come vi burlate di me. Sentite. Voi dovete amarmi, per forza. Vi amo troppo, per non essere amato. Sarebbe una enorme ingiustizia. Non vi sono queste ingiustizie, nel mondo. Il mondo è equilibrato, tutto si pareggia. La mia fiamma è troppo viva, perchè non v'infiammi. Dovete amarmi.

Vòlt’ era in su la favola d’Isopo lo mio pensier per la presente rissa, dov’ el parlò de la rana e del topo; ché più non si pareggia ‘mo’ e ‘issa’ che l’un con l’altro fa, se ben s’accoppia principio e fine con la mente fissa. E come l’un pensier de l’altro scoppia, così nacque di quello un altro poi, che la prima paura mi doppia.

Questo s'intende da se, caro lei, perchè Roma fa parte del mondo... E per questo appunto io lo diceva... E vi pareggia a Cesare... A quale dei due, Reverendo, a Giulio o ad Ottaviano? Questo non ispiega bene la fama; ma io mi figuro a quello che fece tanti regali al popolo romano in vita e in morte. E sapete voi perchè egli poteva donare tanto? Eh! mi figuro perchè ne aveva...

Volt'era in su la favola d'Isopo lo mio pensier per la presente rissa, dov'el parlo` de la rana e del topo; che' piu` non si pareggia 'mo' e 'issa' che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia principio e fine con la mente fissa. E come l'un pensier de l'altro scoppia, cosi` nacque di quello un altro poi, che la prima paura mi fe' doppia.

Noi eravam lunghesso mare ancora, come gente che pensa a suo cammino, che va col cuore e col corpo dimora. Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino, per li grossi vapor Marte rosseggia giù nel ponente sovra ’l suol marino, cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia, un lume per lo mar venir ratto, che ’l muover suo nessun volar pareggia.

Mille altre spezie de la picciol greggia pospongo agevolmente or in disparte. Segue ch'io solamente l'ampia reggia de l'ape contemplando chiuda in carte; ché 'l magistrato lor forse pareggia, se non in tutto, il nostro almen in parte, come quelle c'han statuti e legge, manca il duca lor che le corregge.

Volt'era in su la favola d'Isopo lo mio pensier per la presente rissa, dov'el parlo` de la rana e del topo; che' piu` non si pareggia 'mo' e 'issa' che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia principio e fine con la mente fissa. E come l'un pensier de l'altro scoppia, cosi` nacque di quello un altro poi, che la prima paura mi fe' doppia.

cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia, un lume per lo mar venir ratto, che ’l muover suo nessun volar pareggia. Dal qual com’ io un poco ebbi ritratto l’occhio per domandar lo duca mio, rividil più lucente e maggior fatto. Poi d’ogne lato ad esso m’appario un non sapeva che bianco, e di sotto a poco a poco un altro a lui uscìo.