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Aggiornato: 29 giugno 2025


Senza elmo in testa, co' capelli rappresi di sudore e di sangue, ferito nel volto, tenendo nella manca lo stendardo reale lacero, nella destra la spada dalla punta all'elsa intaccata, si presenta Rogiero a Manfredi, e da lontano gli grida: «Alla riscossa. Messere lo Re, alla riscossa!» «Ch'è questo? lasciano il campo i codardi? Dove è Messer Ghino?» «È morto....» «D'Angalone?» «Morto....»

Dassi ad ogni colpo gridava come un ossesso. Lo scontro si fece vivo, ardente, bellissimo. Il deputato pagò subito il suo debito con una puntata, che Massimo cercò di parare, ma il filo della sciabola, scorrendo sul braccio, ne lacerò tutta la carne, producendo una ferita superficiale, ma per la sua ampiezza molto sanguinolenta.

Era lacero, scarmigliato, e avea varie ferite.... I cani del castello l'aveano un giorno addentato.

Nel salone, dopo il thè, Nancy pregò il violinista di suonare. Questi si alzò subito; andò ad aprire la cassetta del suo violino e tolse teneramente dal giaciglio di felpa grigio-perla il suo istrumento. Markowski era polacco, e giovane, e lacero, ma il suo violino era italiano, e vecchio, e prezioso.

Un immenso e terribile grido lacerò l'aria e salì fino alle nubi. A morte i prigionieri! A morte gli infedeli! Viva Tell-Afab! I guerrieri del Mahdi si rovesciarono come una fiumana giù per le trincee e andarono a cozzare furiosamente contro i guerrieri dello sceicco Tell-Afab dividendoli in mille differenti gruppi.

Si frantumò il vetro, si lacerò la carta, e il vecchio in una furia di distruzione con le tremule mani ancora assalì l'opera del figlio, il ritratto della morta, calpestandolo, con basse violente parole vilipendendolo

Nora abbassò il capo di più; strinse, aprì il ventaglio più nervosamente, ne lacerò la carta colle unghiette e bisbigliò un appena appena, come un soffio spirante. Grazie! rispose l'altro con un sospiro: e non osò nemmeno toccarla. Fece capire alla fanciulla che aveva data la sua parola e che la sua parola era sacra.

Il bove e la giovenca Ruminavan sdraiati nelle tiepide stalle, Pensando forse all'erba brucata nella valle E alla miglior pastura da sceglier la dimane. Col muso fra le zampe, dalla sua cuccia, il cane Guardava con disprezzo dell'oche la famiglia, Mentre un fanciullo lacero con una fronda in mano Di spingerla all'asciutto s'affaticava invano.

Il povero ragazzo era lacero e malaticcio. Gli avevan dato una cabina nella seconda classe. Tutti lo guardavano; qualcuno lo interrogava: ma egli non rispondeva, e pareva che odiasse e disprezzasse tutti, tanto l'avevano inasprito e intristito le privazioni e le busse.

La lettura di questa lettera strappò alla signora Federica una serie di esclamazioni che esprimevano la sorpresa, lo sdegno, il dolore. Giunta alla fine, non seppe più tenersi, e, rossa in viso dalla collera, lacerò il foglio, protestando che non avrebbe certo acconsentito a portare un simil messaggio.

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