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Il vecchio artista, lieto di quelle lodi prodigate all'opera sua e alla figlia prediletta, non permetteva più che l'Ubaldo se ne andasse. Con quella parlantina tutta propria dei veneziani, ei gli manifestava le sue speranze, speranze che i disinganni non erano riuscite a scemare, gli parlava con fede dell'arte, delle consolazioni che d

Dacchè era riuscito a farsi dare il posto di redattore-capo della Stampa, l'Ubaldo aveva voluto cancellare tutto il passato che ognuno avrebbe potuto rinfacciargli ogni momento, aveva voluto cancellare almeno quello che si cancella, e aveva chiamato a Roma la moglie e il figlio, e prendendo in affitto una casa di dipendenza del palazzo Urbani, aveva preparato loro un quartiere semplice, ma comodo e da persone per bene.

Creda, diceva l'Ubaldo, l'onorevole Carrani trascina il giornale sopra una via pericolosa, gli fa sposare troppo apertamente i suoi risentimenti personali, lo rende antipatico ai lettori; non può non essersene accorto anche lei. Il principe fece col capo un lieve cenno che poteva significare tanto quanto no.

Naturalmente l'Ubaldo scrisse il giorno dopo sul Tempo un articolo molto laudativo per il Rossetti e trovò modo di vantare la splendida bellezza della figlia, che aveva servito di modella al quadro di Desdemona. In redazione si burlarono molto di lui per l'ammirazione tributata a un artista invecchiato nell'oscurit

Stanco, egli giungeva in ritardo a colazione e a pranzo, e in presenza della moglie parlava di continuo con la duchessa di quello che aveva fatto e di quel che restavagli a fare per preparare al giornale un comodo alloggio; e intanto esaminava gli articoli comparsi nella Stampa, parlava degli attacchi degli altri giornali, attacchi come di schermitori che tirassero in sala. Ogni tanto, per un affare urgente, il Rosati e l'Ubaldo mandavano un biglietto al principe, ed egli li faceva entrare, offriva loro un bicchiere di Bordeaux o una tazza di caffè, e si parlava di giornalismo, di elezioni, di probabilit

La malattia del principe, la sua indifferenza per tutto quello che tanto occupavalo per il passato, quell'abbandono in cui aveva lasciato la Stampa non erano risentiti dal giornale, poichè l'Ubaldo, appena vide la moglie riavuta, ritornò imperterrito al lavoro e diresse la lotta contro i due ministri della Marina e di Grazia e Giustizia con quell'accanimento e con quell'acrimonia, che erano la forza del giornale d'opposizione. Un foglio ufficioso del presidente del Consiglio rispose a quel fuoco di fila con un solo articolo pieno di attacchi mal celati ad arte contro il principe della Marsiliana. Ubaldo Caruso, non sapendo se ribattere o no quegli attacchi, andò al palazzo Urbani e come al solito penetrò fino nella galleria attigua al salotto di don Pio, e chiese di essere introdotto. Il principe, che aveva udito la voce di Ubaldo, ordinò che passasse subito, e quella preferenza non sfuggì a donna Camilla, che non si era mossa dalla poltrona alla quale pareva attaccata come un'ostrica a uno scoglio: ella si convinse che don Pio, in mezzo a quella rinunzia a ogni attivit

Come me, osservò scherzando la duchessa. E l'Ubaldo ridendo a denti stretti, rispose: Precisamente. Sfiducia che io non divido, osservò l'onorevole Carrani, che era accusato appunto dalle persone d'ordine, di far l'occhiolino a quel partito.

Alle sette, all'ora del pranzo, il principe fu avvertito che la minestra era in tavola, ma egli aspettava ancora il resultato definitivo dello spoglio, e non pensava neppure a uscire dalla redazione della Stampa, dove l'Ubaldo gli dava speranza, dove continuavano affluire i suoi elettori per portargli le notizie.