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Aggiornato: 4 maggio 2025
E perciò sará ben lecito ch'essi prencipi siano i primi a far osservare le vere regole ed ordini reali in queste poche carte annotati. Parte del modo che si averá a tenere nel fare la zeca. Saper si dee che nel voler fare la zeca fa di bisogno che la prima causa sia il prencipe, poi il zechiero col contista, ed appresso l'oro e l'argento.
Del peso della libra per l'oro e l'argento. E perché alcuno potrebbe dire che l'autore avrebbe anco potuto nominare ed eleggere altro peso per l'oro e l'argento che quello della libra di Bologna, a ciò rispondo e dico: che, essendo stata fatta da lui prova, com'egli dice, nel conteggiare sopra il fatto delle monete, ed avendo ritrovato ch'egli è il piú accosto alli prezzi e valori dati ed usati ad essi preciosi metalli in questi tempi, onde, nel fare l'universal tassa delle monete giá fatte, esse, avuto riguardo alla quantitá del loro fino, per la maggior parte si troveranno restare nei loro reali dati valori, detratte solamente le mercedi delle fatture, come da lui nel capitolo VIII si narra; e perché è peso noto quasi in tutte le parti del cristianesimo ed in altre province, ed anco perché è necessario eleggerne un solo per far corrispondere in tutti i luoghi i conti dei pagamenti ad un modo, e per dover esser cosa non dannosa, ma sí bene utilissima ad ogni nazione: però egli l'ha cosí eletto, accioché tutto il mondo se ne possa servire per le cause suddette.
Hanno portato nulla per me? gli chiese poco dopo, mentre stava di nuovo per uscire, chè quella sera avea l'argento vivo addosso. No, signor conte, nulla. È venuta anche la posta, ma non c'era altro che una lettera per l'amministrazione. L'uffiziolo non era stato respinto!... Andrea era tanto di buon umore, che si fermò un momento a scherzare col bamberottolo del portinaio.
I più floridi paesi della romagna non esistevano ancora; un'acqua torbida ed inerte, tratto tratto percossa da innumeri tuffi di uccelli vallivi, evaporava lentamente al sole avvelenando nell'aria ogni alito di vita; il mare lontano, cerulo sotto l'argento delle sue spume, la chiudeva come in un immenso monile niellato.
Né qui parrebbe sí difficile la quistione per ricercare qual sia la vera essenza delle monete; perché, non essendoci altra moneta che l'argento, l'argento valerebbe cose, e le cose valerebbero argento; uno sarebbe misura dell'altre: onde altro non vi sarebbe da discorrere, se non forse da' metafisici, co' quali qui non ragiono.
E se le zecche non muteranno proporzione alle sue monete, conformandole alla nuova misura corrente tra l'oro e l'argento, le vedranno alzare da sé; ed appena cominciano a pigliare un po' di moto, gli incettatori lor dánno tali spinte, che le fanno balzare al di lá della misura.
Si tronchino una parte dei disidèri mondani: subito l'oro e l'argento sará di meno valore; perché, non essendo piú prezzabili le cose che non sono piú disiderate, resta la stessa quantitá d'oro nel mondo ch'era prima, e le cose contrattabili o disiderate sono in minor quantitá, e si dá maggior quantitá d'oro per esse.
E la proporzione di questi fra l'oro e l'argento è di 14 e 1/12 ad uno; e però consta manifestamente che fanno valere l'argento assai piú della vera analogia che corre fra l'altre piazze, particolarmente in Genova, ove battono l'oro e l'argento a proporzione di 14-3/4 per uno.
Che se si fosse ritenuto che la variazione fosse dovuta a circostanze inerenti all'oro, si sarebbe detto che il rapporto passava da 1 a 15,50 all'altro da gr. 860 d'oro a 15,50 d'argento, e che quell'obbligazione, la quale si estingueva nel periodo precedente con 1 kg. d'oro o con 15,50 kg. d'argento, si estingue nel successivo con 860 gr. d'oro o con 15,50 kg. d'argento: nel primo caso, il tipo effettivo della circolazione sarebbe l'oro; nel secondo, l'argento.
Ed avvertire si dee che la libra di once dodici è il debito peso col quale si hanno a pesare l'argento e l'oro, e ciò per cagione della real divisione duodenaria, che è numero perfetto; onde si vede che di tal libra Aurelio Cassiodoro il magno ne ha fatto dottamente menzione nella sua opera inscritta Variarum, nel primo libro, a carte 11, nella lettera mandata dal re Teoderico a Boezio, che cosí incomencia: «Licet universis populis generalis sit impendenda iustitia», ecc.; ed anco ne viene da lui accennato nel libro settimo, a carte 173, nel capitolo che incomencia: «Omnis quidem utilitas publica fideli debet actione compleri», ecc., sotto la rubrica: «Formula, qua moneta committitur».
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