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Aggiornato: 2 giugno 2025


Se penso alla mia d’allora, su l’orlo della vita, la rassomiglio alla farfalla quando beve; che ha le ali rialzate e congiunte dalla parte degli screzii e dei colori come quattro pagine combaciate dalla parte dello scritto. Gherardo Ismera. E dopo? Giana.

Giana! Giana! Rapidissima, la donna si risolleva e mette il piede su l’arme rimasta a terra, nascondendola. Così, diritta, attende in silenzio. Gherardo Ismera s’avanza, sta per salire i gradi; e ancora lo scuro della sera l’inganna, che egli ripete per la terza volta il nome. Giana! Scorgendo la donna su la terrazza, ha un sussulto improvviso e si arresta. Costanza. Non è Giana qui.

Egli volge lo sguardo intorno, al cielo, agli alberi, alla pietra, alla creatura impietrita, alla sua donna anelante. La sua voce da principio è lenta, rotta dal soverchio dell’ambascia. Gherardo Ismera.

Non l’avete veduto entrare? Gherardo Ismera. Non continuate a giocare coi miei nervi. Mortella. Era al vostro fianco. Non era mio fratello, era lui. Ho detto a mia madre: «Guardali!». Non avete inteso? La stessa forza del tradimento aveva rincatenato l’ospite all’ospite. Gherardo Ismera. Non andate troppo oltre. Mortella.

Siete voi che vi nutrite di cenere. Mortella. Bene. Siamo due, saremo due. State tranquillo, sedetevi. Non v’importa di sapere quel che dal fondo viene a galla sul vostro viso, nel sonno? Gherardo Ismera. Dove mi avete visto dormire? Mortella. Sedetevi. Ve lo dirò. Laggiù, sul sedile di pietra, presso la tavola dell’oriuolo a sole, nell’ora calda, nell’ora del pisolo.

È ospite mio. Gherardo Ismera s’arresta nell’ombra, si volta. Un tenue sorriso gli passa negli occhi. Risale i gradini, mentre Giana Guinigi in piedi l’attende. In quel punto due vecchi servitori taciturni entrano portando le lampade accese.

Per affrettare la fine dell’uomo messo in croce, gli rompevano i ginocchi. Così egli non s’alza più. Gherardo Ismera. Tacete. Siete odiosa. Mortella. Non vi vale coprirvi gli occhi. Dev’essere rimasto seduto così anche nella vostra memoria, ma con quel sorriso atroce che gli avete scolpito nelle mascelle di pietra, l

Gherardo Ismera. Mia povera donna, quest’ombra non basta. Anche la notte sarebbe troppo chiara. E che altro vorrei fare, che altro potrei, se non velarmi la faccia ed entrare nel silenzio che tutto assolve e tutto cancella? V’è un’anima che non potr

Mortella. Era una voce d’eroe ribelle. Gherardo Ismera. E che conoscete voi dell’eroismo se non le imagini divulgate, le figure visibili? V’è un altro senso, oltre gli occhi e gli orecchi. La peggiore azione può celare una bellezza profonda. E vi sono sacrifizii insoliti a cui non può accostarsi la vostra ragione la vostra fede.

Parla con una sorta di malinconia pacata e lucida, con una sicurezza grave, con qualcosa d’un artefice che abbia un suo modo risoluto di prendere la materia della vita e di trattarla da sobrio maestro. Giana. È questa la cagione del suo male? Gherardo Ismera. Per qualche tempo ho seguito con grande attenzione la piccola anima misteriosa.

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