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Aggiornato: 26 giugno 2025
21 Ma volgendosi gli anni, io veggio uscire da l'estreme contrade di ponente nuovi Argonauti e nuovi Tifi, e aprire la strada ignota infin al dì presente: altri volteggiar l'Africa, e seguire tanto la costa de la negra gente, che passino quel segno onde ritorno fa il sole a noi, lasciando il Capricorno;
<<Figliuol mio>>, disse, <<infin quivi ti tira>>, additandomi un balzo poco in sue che da quel lato il poggio tutto gira. Si` mi spronaron le parole sue, ch'i' mi sforzai carpando appresso lui, tanto che 'l cinghio sotto i pie` mi fue. A seder ci ponemmo ivi ambedui volti a levante ond'eravam saliti, che suole a riguardar giovare altrui.
quant’ è dal punto che ’l cenìt inlibra infin che l’uno e l’altro da quel cinto, cambiando l’emisperio, si dilibra, tanto, col volto di riso dipinto, si tacque Bëatrice, riguardando fiso nel punto che m’avëa vinto. Poi cominciò: «Io dico, e non dimando, quel che tu vuoli udir, perch’ io l’ho visto l
SENECA Infin che grida di plebe ascolto, che il furor tuo crudo col tuo timor rattemprano, t'è forza soffrirmi ancora: e l'irritarti intanto giova a me molto; e il farti udir sí il vero, che al ritornar del tuo coraggio io cada vittima prima: e, se me pria non sveni, Ottavia mai svenar non puoi, tel giuro.
Omai fratel né padre di famiglia alla suora comanda od alla figlia. Infin che in fresca etá ne' monasteri si mettan le figliuole o le sorelle, a questo condiscendo volentieri, so che l'han care anche le monacelle. Ma che voi, conti, duchi e cavalieri, disperati per mille taccherelle, vogliate ch'io le chiuda di trent'anni, perdio! convien per forza ch'io m'affanni.
Lor corso in questa valle si diroccia; fanno Acheronte, Stige e Flegetonta; poi sen van giù per questa stretta doccia, infin, l
Io non piangea, si` dentro impetrai: piangevan elli; e Anselmuccio mio disse: "Tu guardi si`, padre! che hai?". Percio` non lacrimai ne' rispuos'io tutto quel giorno ne' la notte appresso, infin che l'altro sol nel mondo uscio. Come un poco di raggio si fu messo nel doloroso carcere, e io scorsi per quattro visi il mio aspetto stesso,
Anzi, mi si strugge la vita infin che seco non mi trovo. SAMIA. Alla croce di Dio, che lo spirito potria pure aver lavorato da buon senno. Tu verrai, dunque, come suoli? LIDIO femina. Che vuol dir «come suoli»? SAMIA. Dico, in forma di donna. LIDIO femina. Bee', sí: come l'altre volte. SAMIA. Oh che nuova porto io a Fulvia! Non voglio star piú teco.
«Come d'autunno» cioè in quella stagione la quale noi chiamiamo «autunno», da mezzo settembre infino a mezzo dicembre, «si levan le foglie, L'una appresso dell'altra», cadendo, «infin che 'l ramo», sopra il quale erano, «Vede alla terra tutte le sue spoglie», cioè i vestimenti, li quali, la stagione gli ha fatti cadere da dosso.
MANGONE. Dico il vero, a fé di uomo da bene. FILIGENIO. Giuri la fé di un altro, non la tua, ché tu non sei uomo da bene. MANGONE. Quanti giurano a fé di gentiluomo, che non ci sono? Ma se non lo credete, potrete venir infin a casa e vederlo: dopo pranso ne arò la casa piena e potrete eleggerlovi come vi piace. FILIGENIO. Che ho a far io, ché ti ricordassi di me?
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