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Aggiornato: 4 giugno 2025
LAMPRIDIO. Oh oh, chi sète voi? FILASTORGO. Non mi conosci? LAMPRIDIO. Non mi ricordo avervi giamai visto. FILASTORGO. Mirami bene in faccia. Che dici ora? LAMPRIDIO. Né tampoco mi ricordo. FILASTORGO. Hai fatto la vista cosí corta o forse l'aria di Napoli è cosí grossa che non ti fa veder bene? LAMPRIDIO. Non ti conosco né mi curo conoscerti. FILASTORGO. Non sei tu Lampridio?
Signora mia, ho voluto cosí un poco scherzar con voi, per vedere se v'eravate smenticata di me per la mia partenza. BEVILONA. Io smenticarmi di voi, che dopo la vostra partenza sète restato piú vivo nell'anima mia che non ci era essa stessa? né per nuova della vostra morte si poté smorzar giamai una di quelle faville che s'accesero per man di Amore nel mio petto?
TRASILOGO. Perché sei come la mosca: mangi con noi e poi ne cavi gli occhi. MASTICA. Non posso piú soffrire. Venghi il canchero a tanta superbia! Che mi puoi far tu giamai? Stimi da senno ch'io creda queste tue bravarie, o dubito che non mi mandi quei popoli arcinfanfari o uomini maritimi ad uccidermi? Assai fo stima di queste tue minacce! TRASILOGO. La farai dell'opre, e ben tosto te ne pagherò.
Ed affinché si dia principio a questo cosí degno fatto, essorto essi prencipi e signori a cominciar di voler e fare che le loro reddite o entrade siano ricevute in monete d'oro e d'argento, solamente in ragion di puro e di fino; ed anco a fare una nuova correzione sopra l'essazione dei loro dazi per conto dei pagamenti, cosí di quelli di gran somma, come di quelli di poca importanza, la qual essazione sia e s'intenda regolata per sempre a ragion di moneta imperiale: il che non potrá giamai tornar danno e preiudicio ad essi prencipi ed ai loro popoli in modo alcuno.
FILASTORGO. Son giá fastidito d'andar dimandando, e dubito se non l'incontro a caso, di non averlo a ritrovar giamai; e in cosí populosa cittá è appunto l'andar cercando lui come un ago nella paglia. Andiamcene su, madre. SENNIA. Andiamo, ma questo forestiero che or mi par gionto in Napoli, figlio, non ti muove gli occhi da dosso. FILASTORGO. O Lampridio, figliuolo carissimo, Iddio ti salvi!
FORCA. Se i segni d'amor che devo aspettar da voi saranno di darme bòtte e di farmi piangere, da or vi disgrazio di quanto amore sète per portarmi giamai. I vostri scherzi a me non piacciono: gli asini soli, quando scherzano, si dán morsi che si stracciano la pelle, e calci che si rompono l'ossa. PIRINO. È cosí gran cosa soffrir due bòtte per un amico?
Di piú, non è mai giorno che non passi mille volte per questa strada dinanzi alla sua casa. DON FLAMINIO. Io non ve l'ho incontrato giamai. PANIMBOLO. Deve tener le spie per non esservi còlto da voi; e quella arte, che voi usate con lui, egli usa con voi. Ma io vi giuro che quante volte m'è accaduto passarvi, sempre ve l'ho incontrato.
DULONE. Che mammella mammella? dove egli ha mammelle? quante volte l'ho io spogliato e vestito, quante volte avete dormito voi seco, quando siamo andati alla villa a caccia, dove si videro mai mammelle? ERASTO. Io ti dico che ho visto la piú leggiadra mammella che si vedesse giamai in donna.
Ella è vergine e si deve vergognare venir da lei; e se ben muore per me, la vergogna la fa restia. In somma, se non ci la conduco per forza, non verrá da lei giamai. Io ho questi amici, la farò tor per forza e menar qui dentro; ma mi meraviglio che lo speciale non v'ha condotti quei lattovari che l'ho fatti far per trovarmi gagliardo con Fioretta.
E tengo per fermo che quegli antichi non s'intendessero giamai che per questa da loro nominata «publica commoditá» s'avessero poi a rifare di tempo in tempo tutte le monete giá fatte; ed ora si vede che tutto ciò è poi riuscito, ed anco riesce di continovo solo in beneficio ed utile de' particolari.
Parola Del Giorno
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