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Aggiornato: 11 luglio 2025


Da' suoi occhi essa vi lesse nel cuore e lo trovò sincero, leale, generoso. vi amo Flavio! gli rispose piangendo. Ma quelle lagrime le brillavano sul ciglio come la rugiada del mattino ai raggi del sole; più eloquenti d'un sorriso parlavano della gioja soave, santa, riconoscente ond'era compresa quell'angelica creatura. vi amo, continuò, ma forse il mio amore è colpa.

Cessò poi, a quel che pare, la spogliazione disordinata de' miseri italiani; mansuefecesi la conquista. Come alcuni re visigoti, Autari e alcuni altri re longobardi presero poi il nome romano di Flavio; perché questo, piú che qualunque altro, non si scorge; forse perché ricordava Tito e Vespasiano signori rimasti popolarmente famosi per bontá.

Chi non ha mai amato non può immaginare la forza d'un primo amore. V'hanno individui che Iddio ha creato con eguali destini; s'essi s'incontrano sulla terra non devono mai più disgiungersi, altrimenti di dolore in dolore travolgeranno infino alla tomba. Flavio, Flavio, odi il grido d'un cuore esasperato! Flavio!

Erminia nudriva verso Flavio troppa stima perchè potesse crederlo capace d'una bassezza; aveva avuto da lui troppo grandi prove d'amor puro, disinteressato, santo, per contaminare la sua memoria coll'ombra d'un sospetto.

Flavio sbalordito rimaneva in piedi senza poter profferire una sillaba; si trattava d'abbandonare e forse per sempre la giovinetta ch'egli amava con verace passione e tale pensiero gli stringeva il cuore in una cerchia di ferro.

Questi esempii non fanno punto al caso, dacchè altro sia inventare, ed altro imitare; e poteva darsi benissimo che cotesto supplizio, trovato dai sacerdoti cristiani, dai principi secolari venisse adottato: però se l'Artaud non ha ragione, mercè gli esempii suoi egli si appone al vero, e degli esempii avrebbe giovato meglio, a sostenere il suo assunto, quello che si legge nel libro VII della Guerra Giudaica di GIUSEPPE FLAVIO. Catullo, governatore della Libia Pentapolitana, trae partito da una sedizione di ebrei fuggita da Gerusalemme, per accusare gli ebrei più ricchi di Cirene.

Gervaso parve riflettere; non potè a meno in cuor suo d'ammirare la purezza e la poesia di quel sentimento; indi, rialzato il volto venerando, con voce vibrata ad un tempo ed affettuosa disse: Giovinotto, voi lascerete immediatamente questo collegio, e non penserete più ad Erminia. Flavio fece un atto di dolorosa sorpresa.

Erminia amava come poche sanno amare quaggiù; amava per la prima volta, ed un primo amore si può talvolta soffocare, non mai ispegnere. Flavio le si era presentato povero, infelice, bello di volto, d'ingegno, di anima, e le aveva chiesto il di lei affetto.

Ritornato a casa Maddalena gli si fece incontro e lo interrogò con uno sguardo; la povera donna credendo che si fosse recato dal conte Sampieri solo per indurlo al matrimonio di Flavio con Erminia, comprendendo quanta difficile fosse quella missione, non osava aprir bocca per tema d'un'amara delusione.

Intanto Flavio e Gervaso si fissarono un momento con espressione dolce, serena, affettuosa. Si mossero incerti ma d'accordo un passo incontro, ed infine non potendo più oltre resistere a quella naturale simpatia che s'inspiravano reciprocamente, si gettarono ambedue le braccia al collo. Zio mio! Mio nipote! Ed i loro occhi versavano lagrime di tenerezza.

Parola Del Giorno

serafica

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