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Aggiornato: 19 luglio 2025


Con molta fatica si perviene a trovare la Mairie: meno male che le finestre sono illuminate. I nostri capi, riflettiamo fra noi, avranno telegrafato, e gli alloggi saranno gi

Alcune sale son piene di quadri, altre tappezzate dal pavimento alla volta di tappeti che rappresentan corse di tori, balli popolari, giuochi, feste, costumi spagnuoli, disegnati dal Goya; altre regalmente mobiliate e parate; il pavimento, le porte, le finestre coperte di meravigliosi lavori d'intarsio e di dorature stupende.

Quante fanciulle affacciate alle loro finestre, si saranno ritratte, a quella vista, stizzite; prorompendo in accuse contro stesse, e contro i parenti, che non avevano saputo procacciare anche ad esse bella sorte!

Era vero, nulla poteva più riunirli. Per maritarsi avevano commesso mille stranezze: Guido era corso dietro ad Emma da Firenze sino a Napoli, aveva passati tre mesi sotto le sue finestre; Emma gli scriveva ogni giorno una lettera di otto foglietti e stava tutta la notte sul balcone. Il padre di lei, un po' di buona voglia, un po' per forza, finì per consentire come consentono tutti i pap

Dai balconi pavesati, dalle finestre, dai terrazzi delle case, dai pergolati, dai giardini era un continuo chiamare, uno schiamazzio di voci femminili, di risa, di pianoforti e di mandolini, un rimescolarsi di cappellini infiorati, di parasoli dai colori vivaci, di canotti che si distaccavano dalle darsene come canestri galleggianti di fiori, di barche e barcaccie che menavano cori di ragazze, cantanti le arie del filatoio, di lancette e di sandolini che guizzavano come pesci, mentre dalle case i servitori, le fantesche, i cuochi, sui muriccioli e sulle scale andavano stendendo le file dei palloncini, che dovevano servire per la illuminazione della sera.

ERASTO. Come tua? CAPITANO. A me sta ammazzar tutti gli uomini che ci stanno e farla mia. Ma perché non vuoi tu che ci passi? ERASTO. Accioché non miri in quelle finestre. CAPITANO. In quelle finestre sta Amasia mia moglie. ERASTO. Come tua moglie? CAPITANO. È mia e vo' che sia mia. ERASTO. Non è tua sará tua, il padre la vuol dar ad un baionaccio tuo pari.

Violet ed io non eravamo in grado di prender cibo, e ci erano poi anche troppi lumi, faceva un gran caldo; per le finestre aperte si vedeva un lampeggiar frequente, si udiva qualche rombo sinistro di tuono. Verso la fine bevemmo il generoso Rüdesheimer dell'ospite, e la signora Emma che sapeva dell'altro Rüdesheimer bevuto nel bosco di Eichstätt, mi pregò di ripetere i versi fatti per Luise.

L'«orazione di sant'Alipio» è una di quelle poesie di versi trivialissimi, che i pitocchi e i ciechi cantavano per le strade e sotto alle finestre delle case, accompagnando il canto loro con un chitarrone, per trarre qualche elemosina. Stanza 33. E cominciava: «O vergin, vergin bella, estro e natura canora e sonora». Marco poeta a rider si smascella, e critica ogni detto che vien fuora...

Era la confusione del calendario; ii maggio in ottobre! E sotto alle finestre della casa si affollavano i cantori popolari, per festeggiare le nozze di madonna Fiordalisa coi loro rispetti, frammezzati da certe rifiorite, che era una delizia a sentirle.

Si mosse, col corpo indolenzito, come se uscisse dalle verghe. Si trascinò verso casa, rientrò nel salotto dove morivano gli ultimi tizzoni della fiammata nella cenere. Il sole entrava per le finestre ancora sgocciolanti di piova: ma l'aria pareva fatta scura, i mobili rimpiccioliti.

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