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Aggiornato: 15 giugno 2025
Si turbò grandemente a quelle parole Aloise, e al turbamento tenne dietro un alto stupore, allorquando vide apparire sulla soglia un uomo dal nobile aspetto e dai capegli bianchi, nel quale riconobbe tosto il duca di Feira.
«Ah no; dimenticavo un nome. Brutta cosa l'essere ingrati in un'ora solenne come questa! Mando un saluto al duca di Feira, a quell'uomo di cuore che mi ha stesa la mano, che m'ha sovvenuto generosamente in una trista congiuntura. Digli che muoio benedicendolo, poichè a lui sono debitore di poter morire onorato.
Ma non sembrò naturale del pari ad Aloise quella intromissione dello straniero nelle sue cose domestiche. Bene intendeva egli come il duca di Feira avesse voluto fargli servizio; ma perchè, poi? Come era venuto in chiaro delle sue strettezze? E in che modo aveva potuto metter la mano sulle cambiali, il giorno innanzi la scadenza?
M'hai detto che è una testa quadra e un cuor libero; notò il duca di Feira; una specie di filosofo in guanti.
Le lagrime brillavano sugli occhi, tremavano nella voce del duca di Feira. Aloise si lasciò pigliare per mano, e trasognato, commosso, smarrito, lo seguì verso l'uscio.
Orribile martirio! esclamò dolente Aloise. Ed è stato, ed è il mio! soggiunse il duca di Feira con un accento che andò diritto al cuore del giovine. E in nome di questo martirio, Aloise, io ve ne prego; vivete per me, se non volete per voi. Voi lo dovete, poichè ho molto patito. Siete fermo nel vostro fiero proposito? E sia; non morrete gi
Si potrebbe dunque chiamare un pranzo di addio, uno di que' pranzi che noi daremo di certo ai nostri benevoli, quando saremo trenta o quaranta volta milionarii come il duca di Feira, o in quel torno, e potremo cantare il nunc dimittis all'ingrata arte del novelliere. Non potendo finora offrirlo del nostro alla cortese brigata, neppure la faremo assistere a quello del duca.
Se ti sei vinto, puoi darti gloria di questo; disse il duca di Feira. Saper vincere sè stesso è il sommo della forza morale. Ma io non potrò farmene un merito! esclamò Aloise, sorridendo. Non son io che ho vinto; sei tu che m'hai fatto riconoscere come io fossi un dappoco. Che stoltezza la mia! e di tanti miei pari! Crediamo le donne angeli, così alla rinfusa, senza far distinzione. Angeli!
Filosofava, adunque. Ora, quando l'uomo può filosofare, è segno che può ragionare. Quando può ragionare, è segno che ha la testa sgombra e libero il cuore. Così pensava il duca di Feira, ascoltando il suo compagno di viaggio. Egli aveva gi
Il gesuita tornò indietro scornato. L'altro, intanto, lasciato ricadere il lembo della portiera, veniva alla sua volta, in mezzo alla sala. Ah, il duca di Feira! mormorò Bonaventura, che ricordava allora le parole del nuovo valletto da lui interrogato in anticamera. Sì, padre, egli in persona, capitato a Genova in buon punto per scompigliare i vostri disegni.
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