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Quali fioretti dal notturno gelo chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca si drizzan tutti aperti in loro stelo, tal mi fec'io di mia virtude stanca, e tanto buono ardire al cor mi corse, ch'i' cominciai come persona franca: <<Oh pietosa colei che mi soccorse! e te cortese ch'ubidisti tosto a le vere parole che ti porse!

come a quelle parole mi fec'io; e si` tutto 'l mio amore in lui si mise, che Beatrice eclisso` ne l'oblio. Non le dispiacque; ma si` se ne rise, che lo splendor de li occhi suoi ridenti mia mente unita in piu` cose divise.

Come rimane splendido e sereno l'emisperio de l'aere, quando soffia Borea da quella guancia ond'e` piu` leno, per che si purga e risolve la roffia che pria turbava, si` che 'l ciel ne ride con le bellezze d'ogne sua paroffia; cosi` fec'io, poi che mi provide la donna mia del suo risponder chiaro, e come stella in cielo il ver si vide.

tal mi fec'io a quell'ultimo foco mentre che detto fu: <<Perche' t'abbagli per veder cosa che qui non ha loco? In terra e` terra il mio corpo, e saragli tanto con li altri, che 'l numero nostro con l'etterno proposito s'agguagli. Con le due stole nel beato chiostro son le due luci sole che saliro; e questo apporterai nel mondo vostro>>.

tal mi fec'io, non possendo parlare, che disiava scusarmi, e scusava me tuttavia, e nol mi credea fare. <<Maggior difetto men vergogna lava>>, disse 'l maestro, <<che 'l tuo non e` stato; pero` d'ogne trestizia ti disgrava. E fa ragion ch'io ti sia sempre allato, se piu` avvien che fortuna t'accoglia dove sien genti in simigliante piato: che' voler cio` udire e` bassa voglia>>.

e si` come saetta che nel segno percuote pria che sia la corda queta, cosi` corremmo nel secondo regno. Quivi la donna mia vid'io si` lieta, come nel lume di quel ciel si mise, che piu` lucente se ne fe' 'l pianeta. E se la stella si cambio` e rise, qual mi fec'io che pur da mia natura trasmutabile son per tutte guise!

cosi` fec'io con atto e con parola, per apprender da lei qual fu la tela onde non trasse infino a co la spuola. <<Perfetta vita e alto merto inciela donna piu` su`>>, mi disse, <<a la cui norma nel vostro mondo giu` si veste e vela, perche' fino al morir si vegghi e dorma con quello sposo ch'ogne voto accetta che caritate a suo piacer conforma.

Non e` fantin che si` subito rua col volto verso il latte, se si svegli molto tardato da l'usanza sua, come fec'io, per far migliori spegli ancor de li occhi, chinandomi a l'onda che si deriva perche' vi s'immegli; e si` come di lei bevve la gronda de le palpebre mie, cosi` mi parve di sua lunghezza divenuta tonda.

Farotti ben di me volere scemo: son Guido Guinizzelli; e gia` mi purgo per ben dolermi prima ch'a lo stremo>>. Quali ne la tristizia di Ligurgo si fer due figli a riveder la madre, tal mi fec'io, ma non a tanto insurgo, quand'io odo nomar se' stesso il padre mio e de li altri miei miglior che mai rime d'amore usar dolci e leggiadre;

Rispuose: <<Quando i P che son rimasi ancor nel volto tuo presso che stinti, saranno, com'e` l'un, del tutto rasi, fier li tuoi pie` dal buon voler si` vinti, che non pur non fatica sentiranno, ma fia diletto loro esser su` pinti>>. Allor fec'io come color che vanno con cosa in capo non da lor saputa, se non che cenni altrui sospecciar fanno;