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Aggiornato: 8 maggio 2025
Rosina! vuoi tu sempre esserne allo solite? Signor Marone non gli dica niente, sa! Se ha la disgrazia di apprendergli tanto così sul conto di quella donna... senza contare che farebbe con ciò un bel mestiere... gliene cavo gli occhi. La non s'incomodi, signora Rosina, e non tema di nulla. Io non dirò nulla, perchè non so nulla.
Gl'insegnerò io cosa sia la morale, la giustizia, e specialmente la vendetta! venga, ed io gl'immergerò la spada nel seno.» La veemenza colla quale si esprimeva, divenne per Emilia un nuovo motivo d'inquietudine. Si alzò dalla sedia, ma le tremavano le gambe, e ricadde. Guardava attentamente la porta chiusa del corridoio, convincendosi di non poter fuggire senza esserne impedita.
Quando impareremo noi a tener conto de' tempi presenti, ad esserne grati alla divina Providenza, a non farne stolti, od anche empi piagnistei? E cosí è, che gli ordinamenti di lui durarono gli uni alcuni, altri poi molti secoli, fino al nostro.
Ogni donna dovrebbe leggerlo, per esserne grata all’autore; poichè in esso, ad un codice sapientemente ma esclusivamente composto da un uomo per gli uomini, si contrappone il moderno principio di difesa e di elevazione della donna, considerata come libero, fattivo, responsabile elemento civile e sociale.
Ma ritornerei dopo tre giorni. Che cosa vorresti facessi in viaggio se ella mi ha come... ammaliato? Capisco, capisco! ripetè il Sappia sopra pensiero. Ma sai bene, Enrico, in queste cose non si possono dare consigli. Io non ho mai provato che cosa sia questo tormento. La mia Luisa io non l'amo abbastanza per esserne geloso. E stettero silenziosi entrambi per un cinque minuti.
Non chiedo tanto. A me basta ch'ella non sia gelida e quasi repulsiva quando le parlo dei miei progetti.... Comprendo che Gioconda non deve essere l'apostolo del mio lavoro; ma non deve esserne neppure il nemico.... E che t'importa? disse Ariberto. Bada: nelle tue parole c'è una grossa esagerazione: io non credo affatto che la contessa sia nemica del tuo lavoro.
SINESIO. Di miglior che tu non sei, e con forse cinquantamila ducati di dote. ERASTO. Vorrei ancor sapere se il tôr costei per moglie fosse di vostro contento. SINESIO. Io ne sarei contentissimo, né altro mi resta ad esserne contento a pieno se non che ne resti contento ancor tu. ERASTO. Ed io son contento, contentissimo. SINESIO. Ed io farò che sia tua moglie.
Appresso questo, conchiude al dubbio suo, dicendo: «Per che», cioè per non esserne degno, «se del venire», lá dove tu mi vuoi menare, «io m'abbandono», cioè mi metto in avventura, «Temo che la venuta», mia, «non sia folle», cioè stolta, in quanto male e vergogna me ne potrebbe seguire.
Eh, in quanto ai sospetti, sì certamente ci ho i miei! E se fossero fondati sul sodo, io metterei pegno di poter toglier la ragazza da quella casa. Ma per esserne certo, occorre mettere il naso in quel benedetto cofano. E questi sospetti si potrebbero sapere? Sarebbe questo per avventura un altro dei vostri segreti, padre mio?
Fu un terribile momento. Gabriele mirava alla gola, Filippo al ventre. Si vide infine Gabriele proiettare in avanti il suo braccio sinistro, levandolo alto onde allontanare il coltello di Filippo od esserne ferito solo al braccio che gli serviva di scudo. Ma nel medesimo tempo avanzò il suo coltello dritto al cuore del suo rivale.
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