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Aggiornato: 2 luglio 2025


Un tempo andavano la domenica alla chiesa, senza far motto ad alcuno: tutte e due rigide e pallide: senza mai dar al sagrestano, che andava attorno per la questua, l'elemosina che non gli rifiutavano i più tapini. Non pochi avevano notato in Enrica un ghigno feroce come se la travagliassero cattive, irresistibili passioni: come se ella covasse in una forte inclinazione a odiare e distruggere.

Cristina la lasciava piangere, senza affannarsi a dirle una parola di conforto e come se ogni soffrire di lei le fosse indifferente. Alla fine Enrica sollevò la sua bella testa. Le lacrime erano rasciutte; essa avea ripreso tutta la sua fierezza.

Gli errori cagionati da questa li potè sempre riparare, sin ora, coi favori dell'altra.... Oh, il duca! Il duca di Montrone scendeva la fastosa scala, che era dinanzi alla porta principale della sua villa da sovrano, dando il braccio a sua figlia. Enrica, pallidissima, scendeva lentamente e come se dovesse ad ogni tratto cadere. Subito i gentiluomini andarono incontro al duca per festeggiarlo.

Non nutriva risentimento contro Enrica: dovea ammettere ch'avesse confessato tutto al principe e ch'egli le avesse perdonato.

Vi lascio pensare il colpo che ricevette Enrica. Il Venosa guardò il vecchio avvocato come per dirgli che la notizia da lui data era molto inopportuna. Com'è morto? domandò Enrica, impassibile per chiunque l'avesse osservata. Di quattro fucilate, riprese l'avvocato, senza riguardi, mentre tentava una fuga, di notte, scavalcando la finestra del suo carcere.

Enrica, colta così all'improvviso, vacillò; non ebbe la forza di rispondere subito: e Diana scorse che gli occhi di lei esprimevano lo spavento. Non è vero, continuava con la sua innocente baldanza, che tu potresti dir qualche cosa su tale persona? Il turbamento di Enrica aumentava.

Cristina, l'infernale Cristina, le si accostava sempre di più: le facea carezze, che si dava sembiante di farle con piglio materno. Enrica s'infatuava in quella corruzione e sorridea di piacere, mentre Roberto, nella, sua prigione, era dilaniato da tutti gli spasimi. Ed esclamava, a ragione, pensando a lei: Donna crudele, infame, maledetta!

Da quattro anni, cioè dacchè il principe, diventato ambasciatore, stava lontano da Napoli, Enrica avea più che raddoppiato le spese della sua casa. Essa spendeva oltre le sue rendite: la gente, mal sicura, o non pratica, di cui si serviva per amministrare, era gi

Signor duca, disse Roberto, rompendo ogni esitanza, c'è una persona che può esser testimone autorevole, raccontare ciò che qui avvenne, e perchè io sono entrato nel parco stanotte, e perchè mi ci trovo adesso.... E chi è questa persona? Vostra figlia! Enrica esclamò il duca. Tu hai veduto tutto, e puoi parlare?... Non avrei voluto parlare: non so perchè s'invochi la mia testimonianza....

Ma si torturava il cervello: passava le notti insonni, poichè tra ricercava: a quale scopo? Gli era venuta l'idea di trovar modo di parlare ad Enrica. E un giorno, poichè l'idea non lo lasciava, si recò nel parco. Enrica passeggiava e scherzava col principe di Gorreso, giovane ministro del Re di Napoli presso una Corte straniera, e che era il nuovo innamorato della duchessa.

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