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Aggiornato: 18 maggio 2025
Poi, partendosi da Napoli, e andandone ad Atene ad udir filosofia, non avendo corretto il detto Eneida, quello lasciò a due suoi amici valenti poeti, cioè a Tucca e a Varrone, con questo patto che, se avvenisse che egli avanti la tornata sua morisse, che essi il dovessero ardere; per che, essendo a Brandizio morto, senza potere esser pervenuto ad Atene, e Tucca e Varrone sappiendo questo libro in laude di Ottaviano essere stato composto, e che esso il sapeva, temettero d'arderlo senza coscienza d'Ottaviano; e perciò, raccontata a lui la intenzion di Virgilio, ebbero in comandamento di non doverlo ardere per alcuna cagione, ma il correggessero, con questo patto, che essi alcuna cosa non v'aggiugnessero, e, se vi trovasser cosa da doverne sottrarre, potessero.
Il nome del quale Servio, Sopra l'«Eneida» di Virgilio, dice esser «'Charon' quasi 'chronos'»; e questo vocabolo in latino viene a dire tempo. Il quale l'autore dice esser «bianco per antico pelo», discrivendolo dall'accidente della vecchiezza degli uomini, nella quale noi divegnamo canuti: e per questo vuol dimostrare il Tempo essere vecchio, cioè giá è lungo spazio stato prodotto.
Virgilio, il quale in molte cose il séguita, in questo discorda da lui, scrivendo nel sesto del suo Eneida l'entrata dello 'nferno essere appo il lago d'Averno tra la cittá di Pozzuolo e Baia, dicendo: Spelunca alta fuit vastoque immanis hiatu, scrupea, tuta lacu nigro nemorumque tenebris; quam super haud ullae poterant impune volantes tendere iter pennis: talis sese halitus atris faucibus effundens supera ad convexa ferebat: unde locum Graii dixerunt nomine Avernum, ecc.
E comincia: «Tu dici», nel sesto libro del tuo Eneida, «che di Silvio lo parente», cioè padre. Ebbe Enea due figliuoli, de' quali fu l'uno chiamato Iulio Ascanio, e questo ebbe di Creusa, figliuola di Priamo re di Troia; e l'altro ebbe nome Iulio Silvio Postumo, il quale Lavinia, figliuola del re Latino, essendo rimasa gravida d'Enea, partorí dopo la morte d'Enea in una selva.
E, impercioché di materia poetica parlar dovemo, poeticamente quello invocherò con Anchise troiano, dicendo que' versi che nel secondo del suo Eneida scrive Virgilio: Iupiter omnipotens, precibus si flecteris ullis, aspice nos: hoc tantum: et, si pietate meremur, da deinde auxilium, pater, ecc.
«E li parenti miei». È colui che si manifesta qui, Virgilio; e prima si manifesta dalla regione nella quale nacque, in quanto dice, «furon lombardi». Dove è da sapere che Virgilio fu figliuolo di Virgilio lutifigolo, cioè d'uomo il quale faceva quell'arte, cioè di comporre diversi vasi di terra; e la madre di lui, secondo che dice Servio Sopra l'«Eneida», quasi nel principio, ebbe nome Maia.
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