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Aggiornato: 3 giugno 2025


Questa risoluzione presa, il principe spiò un'occasione propizia. Trattavasi conoscere l'ultimo verbo del suo destino. L'era una bella mattina di ottobre. Il principe, steso sur un voltaire, s'inebriava di sole innanzi ad un balcone che sporgeva sul giardino, centellando una tazza di thè e bruciando un sigaretto.

La Marfisa bizzarra, poema di aspetto scherzevole, non è che un quadro storico del costume corrotto, di ritratti naturali, di caratteri veramente de' nostri giorni, della mia patria infelice e un'allegorica predizione del di lei finale destino.

Il primo danaro che costei toccò da Don Diego, lo spese per recarsi a Procida ed andare ad istruire Gabriele della tregua che il destino le presentava. Gabriele si mostrò inquieto e contento di saperla al ricovero in casa di quel prete, di cui ella le raccontò qualcuno dei guai, da lei appresi o indovinati.

Se m'addolora, Mattia?... Pensate al bene che ho trovato nella vostra casa! Ero sola, non avevo più nulla; una speranza, un affetto. Qui ho ritrovato tutto: ho ritrovato la fede e il coraggio, ho compreso che la mia povera vita poteva avere ancora uno scopo. Vostra madre, dopo essere stata il buon angelo della mia salvezza, ha saputo insegnarmi colla parola e coll'esempio la virtù della rassegnazione. Ero felice, mi pareva che non avrei avuto a desiderarmi altro mai più, sentendomi come risorta ad una nuova esistenza così confortata e serena! E mi chiedete se mi addolora di lasciare la vostra casa! Ne escirò, Mattia, perchè così il destino ha voluto, perchè il mio onore me lo impone e la pace nostra lo esige. Ma ne escirò benedicendo la ospitalit

Aveva sospettato, poche ore innanzi; ma in quel punto indovinava il triste dramma, a cui il destino aveva data una così dolorosa catastrofe.

Leone Tolstoi, nel porsi a raccontare la storia di un adulterio quando le ragioni pure dell'Arte informavano ancora l'opera sua di scrittore, premeditando di condurre la sua eroina dalla colpa grado grado alla disperazione e al suicidio, parve temere che il dolore castigo, il dolore inflitto dalla giustizia offesa, non avesse sufficiente efficacia artistica, e seppe con una ispirazione geniale infondere all'opera sua il fascino eterno del dolore prescritto dal Destino, del dolore senza causa conosciuta.

Io non osava scender de la strada per andar par di lui; ma ’l capo chino tenea com’ uom che reverente vada. El cominciò: «Qual fortuna o destino anzi l’ultimo qua giù ti mena? e chi è questi che mostra ’l cammino?». «L

Eh, l'omo, tra le granfie der destino, Diventa tale e quale a un giocarello Che te c

Qual iniquo destino ha turbata la serenitá de' nostri cuori, quella suavitá, quella dolcezza di due anime congionte insieme, come son state gran tempo le nostre? dove è quella fede che fu sincera fra noi?

Dalle parole che abbiamo riportato di Giuliano stesso parrebbe ch’egli avesse grandi esitanze ad accettare l’altissimo ufficio, perchè in lui rimaneva vivissima la diffidenza verso l’imperatore. Ma, come vedemmo, la fede nella saggezza della provvidenza, che vuol dire la fede in stesso, lo risolve a non resistere al suo destino, ed a lasciarsi avvolgere dalla clamide di Cesare.

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