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E però era beato e doloroso, perché la carne sosteneva, e la deitá pena non poteva patire; neanco l'anima quanto a la parte di sopra de l'intellecto.

Or raguarda, dolce figliuola, quanto è dolce e glorioso questo stato, nel quale l'anima ha facta tanta unione al pecto della caritá che non si truova la bocca senza el pecto, il pecto senza el lacte. Cosí questa anima non si truova senza Cristo crociato, senza me, Padre etterno, el quale truova gustando la somma e etterna Deitá. Oh! chi vedesse come s'empiono le potenzie di quella anima!

che la natura umana, unita con la natura divina, fu sufficiente a satisfare per tucta l'umana generazione, non solo per la pena che sostenne nella natura finita, cioè della massa d'Adam, ma per la virtú della Deitá etterna, natura divina infinita.

E recasi in una gloria d'essere perseguitata per lo nome mio, pure che abbia di che patire. Alora viene l'anima a tanto dilecto e tranquillitá di mente, che non è lingua sufficiente a poterlo narrare. Tracto l'affecto dietro a l'intellecto, gusta la Deitá mia etterna, la quale cognosce, e vede essa natura divina unita con la vostra umanitá. Riposasi alora in me, mare pacifico.

E per questo mezzo, cioè de l'obiecto di questo Verbo incarnato, intriso e impastato col lume della mia Deitá, natura divina, e col caldo e fuoco dello Spirto sancto, avete ricevuto el lume. A cui l'ho dato a ministrare? A' ministri miei nel corpo mistico della sancta Chiesa, acciò che aviate vita, dandovi el Corpo suo in cibo e il Sangue in beveraggio. Decto t'ho che questo Corpo è sole.

Oh abisso di caritá! qual cuore si può difendere che non scoppi a vedere l'altezza discesa a tanta bassezza quanta è la nostra umanitá? Noi siamo imagine tua, e tu imagine nostra per l'unione che hai facta ne l'uomo, velando la Deitá etterna con la miserabile nuvila e massa corrocta d'Adam. Chi n'è cagione? L'amore. Tu, Dio, se' facto uomo, e l'uomo è facto Dio.

E, questa investigazione seco diligentemente avuta, s'imaginaron quella, la quale «divinitá» ovvero «deitá» appellarono, con ogni cultivazione, con ogni onore e con piú che umano servigio esser da venerare.

Adunque nella prima parte, continuandosi a quello che nella fine del precedente canto ha detto, cioè come con Virgilio entrasse in cammino, dice dove pervenne, cioè alla prima porta dell'entrata d'inferno; sopra la qual, dice, vide scritto: «Per me», cioè per entro me, «si va nella cittá dolente», cioè nella cittá di Dite, dolente in perpetuo per li dannati spiriti li quali dentro vi sono; della qual cittá, percioché pienamente se ne scriverá in questo libro appresso nel canto ottavo, qui non curo di dirne alcuna cosa; «Per me si va nell'eterno dolore», al quale dannati sono coloro li quali muoiono nell'ira di Dio; «Per me si va tra la perduta gente». Dice «perduta», percioché alcuna potenza di bene adoperare non è in loro; e questi cotali meritamente si posson dir perduti. «Giustizia mosse», a farmi: e la giustizia che 'l mosse fu la superbia del Lucifero, la quale meritò eterno supplicio; il quale Iddio volle tanto da dilungare, quanto piú si potea, e perciò, nel centro della terra gittatolo, quivi la sua prigione fece, e volle quella similmente esser prigione di tutti quegli li quali contro alla sua deitá operassero; «il mio alto Fattore», cioè Iddio; «Fecemi la divina Potestate», cioè Iddio Padre, al quale è attribuita ogni potenza; «La somma Sapienzia», cioè il Figliuolo, il quale è sapienza del Padre, «e 'l primo Amore», cioè lo Spirito santo, il quale è perfettissima caritá, igualmente moventesi dal Padre e dal Figliuolo.

che parturir letizia in su la lieta delfica deita` dovria la fronda peneia, quando alcun di se' asseta. Poca favilla gran fiamma seconda: forse di retro a me con miglior voci si preghera` perche' Cirra risponda. Surge ai mortali per diverse foci la lucerna del mondo; ma da quella che quattro cerchi giugne con tre croci,

O dilectissima figliuola mia, quanto è gloriosa quella anima che cosí realmente ha saputo trapassare dal mare tempestoso a me, mare pacifico, e impíto el vaso del cuore suo nel mare di me, somma ed etterna Deitá! E però l'occhio, ch'è uno condocto, s'ingegna, come egli ha tracto del cuore, di satisfarli; e cosí versa lagrime.