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Aggiornato: 14 giugno 2025


e quella, come madre che soccorre subito al figlio palido e anelo con la sua voce, che 'l suol ben disporre, mi disse: <<Non sai tu che tu se' in cielo? e non sai tu che 'l cielo e` tutto santo, e cio` che ci si fa vien da buon zelo? Come t'avrebbe trasmutato il canto, e io ridendo, mo pensar lo puoi, poscia che 'l grido t'ha mosso cotanto;

un punto vidi che raggiava lume acuto si`, che 'l viso ch'elli affoca chiuder conviensi per lo forte acume; e quale stella par quinci piu` poca, parrebbe luna, locata con esso come stella con stella si colloca. Forse cotanto quanto pare appresso alo cigner la luce che 'l dipigne quando 'l vapor che 'l porta piu` e` spesso,

E benefici, puri, alti pensieri, E studi gravi, e faticante vita Pe' divini del Golgota sentieri! Ah! benchè poi dopo cotanto ardita Dolce fidanza, a tempo non lontano Trascorra ov'a lui d'uopo è nova aïta, Al Crisma santo ei no, non mosse invano: Però che in lui ritorna con possanza Questa voce secreta: «Io son cristiano»! E ripiglia la Croce, e al ciel s'avanza.

<<Perche' conoschi>>, disse, <<quella scuola c'hai seguitata, e veggi sua dottrina come puo` seguitar la mia parola; e veggi vostra via da la divina distar cotanto, quanto si discorda da terra il ciel che piu` alto festina>>. Ond'io rispuosi lei: <<Non mi ricorda ch'i' straniasse me gia` mai da voi, ne' honne coscienza che rimorda>>.

ne' quella Rodopea che delusa fu da Demofoonte, ne' Alcide quando Iole nel core ebbe rinchiusa. Non pero` qui si pente, ma si ride, non de la colpa, ch'a mente non torna, ma del valor ch'ordino` e provide. Qui si rimira ne l'arte ch'addorna cotanto affetto, e discernesi 'l bene per che 'l mondo di su` quel di giu` torna.

Non prima il Cavalier tenne la voce, Ch'ella di nuovi pianti il sen fa molle, E grida sospirando: ah cor feroce, Pregai cotanto, ed egli udir non volle; Pena de le mie colpe; indi veloce Fuor da gli ampi steccati ella si tolle, E scorge Araspe, e che ciascun sen viene, E che le membra d'Ottoman sostiene.

e più d’onore ancora assai mi fenno, ch’e’ mi fecer de la loro schiera, ch’io fui sesto tra cotanto senno. Così andammo infino a la lumera, parlando cose che ’l tacere è bello, com’ era ’l parlar col

«A dire il vero... signor mio e voi non vi meraviglierete, v'offenderete d'una cosa cotanto naturale c'erano molti in paese... e anch'io fra questi vi parlo schiettamente c'erano molti, che a giudicarvi dalle apparenze esteriori e sopratutto dalla vostra taciturnit

E quella a me: «Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore. Ma s’a conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto, dirò come colui che piange e dice. Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per piu` fiate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disiato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi bascio` tutto tremante. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno piu` non vi leggemmo avante>>.

Parola Del Giorno

dell’esule

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