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Aggiornato: 7 luglio 2025


CINTIA. Stammi tu dunque ad ascoltare. MITIETO. Ma raccontatelo di grazia come se aveste a raccontarlo in una scena. CINTIA. Sappi che quanto Ersilia, la mia madre, fu bella e nobile tanto fu poco agiata de' beni della fortuna; abbitava qui presso ad Arreotimo mio padre, il quale invaghitosi di lei corruppe la madre, le serve e tutti di casa con danari, e si godé di lei.

LIDIA. Cintio, Cintio mio! CINTIA. Eccomi, eccomi pronto, che volete da me? Signor Cintio, volgetevi qua a me. CINTIA. Deh, voi sète! LIDIA. Cuor mio, come state cosí travagliato? CINTIA. Che avete voi ad impacciarvi de' fatti miei, o sia travagliato o felice?

CINTIA. Anzi mi manca il meglio e quello che piú l'importa. BALIA. O Dio, e che ti manca? CINTIA. Quello che manca a te e a lei.

V'ho offesa non volendo, anzi voi stessa m'avete dato cagione che vi offendesse. In tanta allegrezza è di ragion che mi perdoniate. CINTIA. Dulone mio, io non sol ti perdono, ma ti ho caro piú di prima per duo cagioni: l'una perché sei fidele al tuo padrone, l'altra perché la fortuna s'ha voluto servir di te per istrumento della mia felicitá.

BALIA. Tu non sai che cosa è mondo hai provato la dolcezza di amore, ché se l'assaggiassi una volta ti verrebbe ben voglia di tornarvi dell'altre. CINTIA. L'ho gustata tante volte che ne son stucco e pregno. BALIA. Hai fatta la faccia rossa e vergognosa come fusse una vergine. CINTIA. Potrebbe essere che la vergine l'avessi in corpo. BALIA. Lascia tanta vergogna, togli a un tratto la maschera.

BALIA. Lidia sta aspettando se pur si raddolcisse e rammorbidisse tanta discortesia; o se vuoi perseverare nella medesima ostinazione, che una morte la togliesse da mille morti. CINTIA. Dille da mia parte che lasci d'amar me, ché tanto è amar me quanto una femina.

MITIETO. Vieni presto alla conclusione, ch'io fatico mirabilmente col cervello per saper dove siate per riuscire. CINTIA.... La conclusione è venuta alle due ore di notte, che fu l'ora ordinata fra noi.

ERASTO. Il matrimonio non è valido, perché non è contratto con colui col quale ella aveva l'animo; e se voi non foste cosí occecato dalla passione, un tal fatto lo reprenderesti in un altro. so come non vi morde la conscienza, che val piú di mille testimoni e accusatori. CINTIA. Che ho fatto altro di male che rubbar le dolcezze altrui?

Venne il tempo del parto, e le successe ogni cosa come desiderava; sicché Arreotimo vide in scambio di me un maschio, ed io fui mandato a battezzare, e di Cintia che si dovea, Cintio mi si pose nome. Fu tal poi la sua accortezza che non lo fe' accorger mai ch'io fussi femina, fidandosi solo d'una mia balia.

CINTIA. Balia mia, se ti trovassi meco ti troveresti ingannata com'ella, ché non son buono per te per lei: che vuoi che ti dica piú? BALIA. O nemico delle cose belle, com'è possibile che non conoschi tanta bellezza: sei cieco, sei morto o non sei uomo? CINTIA. Proprio come hai detto. BALIA. Ché non drizzi ogni tuo pensiero verso lei? CINTIA. Io non ho pensiero da poterle drizzare.

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