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Aggiornato: 7 luglio 2025
CINTIA.... A me cominciarono a piacere i suoi modi come quelli che di tanta grazia erano pieni ch'io gli stimava l'istessa grazia, e mi s'imprimevano sí fattamente nel core che mi pareva che ivi fussero visibilmente scolpiti.
CINTIA. Dove volete voi che sia? piú presso che voi non vi pensate: quanto voi sète lontano da me. ERASTO. Che ne sai tu? CINTIA. Niun lo sa meglio di me. ERASTO. Non è peggior sordo che quello che non vuole intendere. Parlami un poco piú chiaro, rispondimi a proposito: chi è quella che m'hai fatta sposare?
ERASTO. Ma che dolcezze eran le vostre di goder quel corpo di cui l'animo non concorreva col piacere con voi? godevate un cadavero. CINTIA. Vuol la ragione che chi è amato ami, se non vuol essere ingannato. ERASTO. Nello amore non bisogna assegnar ragioni, perché è libero. CINTIA. Voi dunque perché ne assegnate tante contro di me?
CINTIA. Mitieto, quando arai intesi i miei guai, a te dispiacerá di avergli intesi e a me d'avergli raccontati: però per tôrre all'uno e all'altro questo travaglio sará meglio ch'io taccia e soffrisca. MITIETO. Manifestate il vostro male, ché l'infirmitá conosciuta si può rimediare, ma la taciuta va sempre di male in peggio. CINTIA. Dimmi, posso fidarmi io di te?
CINTIA. Giá s'è partita. Non mancava altro agli affanni miei! La fortuna non comincia per una sola: a tempo che non so se debba viver un'ora, arò pensiero dell'altrui vita. Misera, che farò, qual sará il pensier mio? Non credo che viva anima cosí tribulata nell'inferno come la mia: resto al mondo per un infelice essempio d'ogni miseria.
CINTIA. Chi è «questa umilissima mia serva»? quella corteggiana dell'altro giorno di cui mi ragionaste? AMASIO. Il malanno che Dio li dia! è la vostra umilissima serva Amasia. CINTIA. Costei è degnissima mia padrona. CINTIA. Che dunque mi comanda ella?
CINTIA. Perché sète ingrato sopra tutti gl'ingrati e cieco sopra tutti i ciechi, anzi indegno che mai piú donna v'ami, ancorch'ella non vel dica chi sia, tutto il mondo parla per lei: ve lo dicono gli occhi suoi, il volto, la sua bocca e l'anima e il sangue dell'anima sua, la qual, trafitta dalle vostre ingiuriose parole piú assai che da un acutissimo coltello, vi manda il sangue fuori.
ERASTO. Se non ragionamo de' nostri amori, di che ragioneremo noi? CINTIA. Dite il vero, ché a niuno appartengono quanto a noi. ERASTO. Quante dolcezze e gioie ho conseguito in questa vita, tutte l'ho conseguite per vostro mezo.
Parola Del Giorno
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