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Tu sei ancora Saulo e lo so io che all'esazione degli ultimi livelli mi tosasti fino al cuoio. Largo, largo al cavalier Vulcano. Egli è forastiere, ed ha la ciera della fame e di s. Giorgio. Fatelo entrare. Gli colga la peste! mi ha lasciato andare di un sorgozzone sul capo, che mi ha sciupato il più bel travestimento d'asino! Ora chi porter

Piccina ancora, ricordava le figure severe ed accigliate dei nonni che le mettevano paura, i volti volgari e le voci grossolane degli zii, sempre pronti a sgridarla, la ciera pallida e noncurante di un padre egoista che non la baciava mai.

La Vige, comprendendo dalla ciera sconvolta del suo padrone che qualchecosa di grosso c'era per aria, corse subito a fare l'ambasciata; e tornata ad annunciargli che la signorina lo attendeva, non potè trattenersi dal fare, mentre il professore saliva frettolosamente le scale, una mimica eloquentissima per esprimere il dubbio ed il timore che al suo povero padrone non avesse dato di volta il cervello.

Rivedendoci, col generale Briganti, ci coperse d'ovazioni e di applausi, con ciera smarrita, come di chi assiste al compimento di un prodigio. Garibaldi distava da noi quattro miglia, e il generale Briganti non sapendo capacitarsi di non incontrare un soldato nostro dopo due miglia: Dov'è dunque il dittatore? dimandò. Non trovasi così vicino come mi faceste supporre!

PANURGO. , , queste son desse. PELAMATTI. Ancor non l'hai viste, e dici: , . Se le volete, venite in bottega. PANURGO. Perché non me le dai tu qui? PELAMATTI. Non mi avete ciera di Facio. PANURGO. Hai tu visto mai Facio? PELAMATTI. Non io. PANURGO. Come dunque non ti ho ciera di Facio? Ma mirami bene, questa mia ciera non è tanto buona che ne potresti far candele?

PELAMATTI. La céra mi par cattiva e il mele deve essere assai peggiore, perché mi hai ciera di un gran ribaldo. Poiché sete venuto adesso da mastro Rampino, ditemi, dove sta sua bottega? PANURGO. Te lo dirò.

CHIARETTA. S'io facessi innamorar i sassi, starei sicura che farei innamorar te che sei peggio d'un sasso. LECCARDO. Son risoluto esser tuo innamorato. CHIARETTA. Che ti ho ciera di vitella o di porca, che ti vòi innamorar di me? LECCARDO. T'apponesti.

E subito dopo la ciera aguzza dello speziale Bazzetta comparve nel vano dell'uscio. L'indiscreto ciarlone, senza aspettar risposta, fe' innanzi con quelle sue maniere dolcereccie e sornione; diè un'occhiata curiosa ad Aminta, un'altra a don Luigi e allargò le ampie narici come per annusare ciò che accadeva nella casa.

TRINCA. Un certo capitan Sconquasso o Fracasso o Babuasso, che s'avea posto questi nomi per spaventar le genti; che porta certi mustacci ingrifati e i peli della barba rabbuffati, con una ciera torta; e che parla con certi paroloni. TRASIMACO. Non me ne sazio, se non darò essempio a' pari suoi, se non sarò un specchio a gli occhi di ciascuno.

TRASIMACO. Son cosí in fatti, come vi paio in ciera. TRINCA. E bisogno che rida, per non andar in pericolo di crepare. TRASIMACO. Di che ridete? TRINCA. Di nulla. TRASIMACO. So che non sète matto, che di nulla ridete; ditelo, di grazia, se pur qualche obligo non contende questa mia curiositá!