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Aggiornato: 20 giugno 2025


VIGNAROLO. Un truffatore mi ha tolto una borsa con dieci ducati. ARPIONE. Mi dispiace non poter aiutarvi per mia disgrazia! VIGNAROLO. Anzi per mia, per me solo! ARPIONE. Come stava fatto? VIGNAROLO. Con una ciera di ladro proprio come la tua; ma teneva un empiastro agli occhi come quelli che si pongono su le pannocchie. Che il cancaro si mangi tal razza di uomini! ARPIONE. A voi mi raccomando.

Quell'avaro rantolone la ricevè con aria corrente brusca, non sapendo se venisse per pagare, o per cantar la solita canzone della disgrazia; ma si fe' netto in ciera, al toccar delle monete, che la fanciulla, con qualche parola di scusa, aveva posto sulla tavola.

EUGENIO. Te lo dicono l'opre. LAMPRIDIO. S'io non facessi torto al boia che ti aspetta, ché ti veggio le forche scolpite negli occhi, ti sfreggiarei cotesta faccia bugiarda, accioché ogni uomo da questo segnale si guardasse non farsi ingannare da te. SENNIA. Eugenio, figlio, non gli far male; mi paiono di buona ciera. LAMPRIDIO. Ma sono di cattivo mele.

La direttrice ed il visitatore percorrevano il refettorio silenziosi e lenti. Si sarebbe potuto leggere sul sembiante di mistress Grown la soddisfazione, con la quale constatava la ciera di salute che mostravano quelle fanciulle, ed il buon appetito con cui esse divoravano la loro pietanza. Mistress Grown dimandò perfino a qualcuna d'elleno se era soddisfatta.

Approfittando delle narrazioni che molti facevano durante le lunghe chiacchierate all'osteria, fra una partita e l'altra, sul cupo umore e sulla ciera rannuvolata, che il Sant'Angelo aveva costantemente, lo scaltro prete fu quegli che iniziò i commenti maliziosi. Con arte gesuitesca, fingendo prima una certa titubanza ad ammettere "benchè si trattasse di quel bel figuro" che un uomo come lui, non certo privo di senno, potesse alla sua et

La fanciulla rispose che non aveva detto più nulla, e fece ogni sforzo per distrarla; ma la zia non l'ascoltava, e sembrava oppressa dai pensieri. Emilia, lasciandola sotto la custodia della cameriera, corse a cercar Montoni, e lo trovò sulle mura in mezzo ad un gruppo d'uomini di ciera spaventevole. Egli si esprimeva con vivacit

È a tal uopo che si vedono stazionare nei caffè, nelle bottiglierie stabilite presso queste case, giovanotti dalla ciera più o meno sospetta, che vanno, vengono sotto pretesto di sbrigare diverse faccende; ragazzi di parrucchieri, di caffettieri, mercanti ambulanti, i quali in fondo non sono che lenoni o prestano il loro corpo all’infame commercio.

«Oh, no! povero babbo mio, non voglio più restare a letto; voglio sentirmi sempre bene e avere una bella ciera e fare il chiasso perchè tu ti rassicuri, perchè non t'affligga tanto a causa mia.

DULONE. Quanto piú cercherete peggio troverete: ché quel Cintio, che voi stimate cosí buon amico, è...; basta. ERASTO. Che vuol dire quel «basta»? che dici balbottando? che ti riservi fra la lingua? DULONE. M'ha ciera di un traforello, di un traditorello.

PANFAGO. Menti per la gola, ch'io non ho ciera di malandrino. MANGONE. Possa morir di mala morte, se tutto non rassomigliava a te! PANFAGO. Mio padre fu raguseo, e in Raguggia ho un fratello che tutto rassomiglia a me. Io non ce ho colpa in fatti in parole. MANGONE. O Dio, che mi giova di essere uomo da bene, se la disgrazia mi persegue e altri invidiano il mio guadagno?

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