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Aggiornato: 20 giugno 2025


Poco dopo vedemmo Garibaldi che ascendeva la piccola scala, che è in fondo al caffè della stazione di Chagny: l'uomo eroico ci volse uno sguardo, uno di quelli sguardi mestamente soavi, nei quali è compreso un poema: noi tutti lo capimmo alla prima e istintivamente ci levammo il cappello: era impossibile non venerare l'eroe che per un'idea aveva affrontato nella vecchiezza disagii, fatiche inesprimibili, era impossibile non venerare l'uomo che così infamemente ricompensato, collo sconforto nell'anima, aveva un'occhiata di conforto per noi: quella semplice occhiata ci rendeva più grandi, più generosi. Ah!.. non mi scappi fuori una scuola novellina a sostenere che i popoli si debbano solamente muovere per gl'interessi materiali: oh... non mi si dica che il correre dietro ai sogni e alle generose utopie addimostra un'ingenuit

L'annunzio della partenza fu salutato da tutti, con gioia inesprimibile. Se io avessi un nemico accanito, lo manderei a domicilio coatto a Chagny, certo che dopo poche ore implorerebbe la pena di morte.

Chagny fu per noi una vera desolazione: fortuna che ci si trattenne soltanto due giorni. Immaginatevi un paesucolo più sudicio di quelli del Napoletano: degli abitanti a cui non pareva vero di esserci prodighi di sgarbi e d'impertinenze, e non avrete immaginato che una met

I nemici furono tenuti a bada per tutto il giorno dai nostri cannoni: Menotti, i suoi ufficiali facevano da puntatori, e in questo tempo le truppe si avviavano verso Chagny. Ma sicché dobbiam proprio partire? Domandammo al nostro tenente che ci dava tutti questi ragguagli. Purtroppo.

Batteva mezzanotte e noi ci fermavamo a Chagny: non una persona era nella stazione: Garibaldi e il suo seguito si ritirarono nella stanza di aspetto dei viaggiatori di seconda classe.

Tra un bicchiere e l'altro, sapemmo che i Prussiani avevano fatto fuoco sull'ultimo convoglio di Garibaldini che era partito da Digione, convoglio nel quale tra gli altri si trovava il Piccini: nessuno fu offeso ad eccezione del Macchinista che restò morto sul colpo. Il giorno dopo, noi partivamo da Chagny, diretti a Chalons sur-Saone, dove si trasferì il quartier generale.

Tutto era calmo: il rumore dei nostri squadroni e dei nostri sproni turbava soltanto il sepolcrale silenzio in cui erano avvolte le poche vie di Chagny: nella quiete quasi lugubre di quella serata a mille doppi sembrava più potente il rumore prodotto da noi, e ripercosso dall'eco: s'illuminò qualche finestra, ma per pochi minuti: il pacifico cittadino, rassicurato che non vi era nulla a temere, spengeva il lume e tornava di certo a gustare il calduccio delle coltri, quel calduccino che io cominciava a vagheggiare come un sogno irrealizzabile.

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