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Aggiornato: 9 maggio 2025


28 Ma se desir pur hai d'un elmo fino, trovane un altro, ed abbil con più onore; un tal ne porta Orlando paladino, un tal Rinaldo, e forse anco migliore: l'un fu d'Almonte, e l'altro di Mambrino: acquista un di quei dui col tuo valore; e questo, ch'hai gi

LIMOFORO. Tu non lo pòi sapere, che mai conoscesti Lima Limoforo. Ma dimmi, Lima, non ti trovò mia moglie a giacere con Barbetta nostro famiglio, e con un bastone ti fe' quella ferita ch'hai nella mano, ti cacciò di casa, e poi a preghiere d'amici fosti ricevuta? Questi secreti li sa questo tuo Limoforo? PSEUDONIMO. Non mi ricordo di tal cosa. LIMOFORO. Mostra la ferita ch'hai nella mano.

Io ti concedo che diresti il vero, ch'io sarei tua per la ragion di guerra, quando mio signor fosse o cavalliero alcun di questi ch'hai gittato in terra. Io sua non son, d'altri son che mia: dunque me tolga a me chi mi desia. 80 So scudo e lancia adoperare anch'io, e più d'un cavalliero in terra ho posto. Datemi l'arme, disse, e il destrier mio, agli scudier che l'ubbidiron tosto.

Tu credi esser più amato; io credo questo medesmo: ma si può veder al frutto. Tu fammi ciò ch'hai seco, manifesto, ed io il secreto mio t'aprirò tutto; e quel di noi che manco aver si veggia, ceda a chi vince, e d'altro si provveggia.

FESSENIO. Santilla nostra? FANNIO. Piano. Essa è. Io son Fannio. FESSENIO. Oh Fannio mio! FANNIO. Non far qui dimostrazion, per buon rispetto. Fermo e cheto! SAMIA, FESSENIO, LIDIO femina, FANNIO. SAMIA. Oimè! uh! uh! uh! trista me! Oh povera padrona mia, che, in un tratto, svergognata e ruinata sei! FESSENIO. Ch'hai tu, Samia? SAMIA. Oh sventurata Fulvia! FESSENIO. Che cosa è questa?

CAPPIO. Ritorna in Salerno, fa' consapevole Altilia e Lima del conserto, e dirai al pedante ch'hai avisato il tedesco del Cerriglio, il quale ha detto alloggiarlo benissimo. Come sará qui, fingeremo che Altilia non si senta bene, e ci tratterremo qualche giorno in casa nostra; e tu e Lima sarete sodisfatti d'ogni vostra opera. E per voi solo si prepara un forno sempre pieno di pasticci in caldo.

E che pensi ch'haiu lo fecatu blancu come a tia, che te vuoi accoteddare co no canazu morretuso, fitienti? Non me tenite! Vostra Signuria me perdugne; ca se m'aspetta na picca, le scareco na coteddata che le taglio le nasche e le gambe co no cuorpo! SPAGNOLO. Aquí es menester menar las manos. GIACOMINO. Meglio per te che meni i piedi, ch'hai piú bisogno de' piedi che delle mani.

Io Limoforo Pignatello di Surrento, io m'appestai con la moglie e il figlio: morí mia moglie, restò la casa sola con Aurelia e la balia Lima; e guarito, tornando trovai la casa vuota e sbaliggiata e mi ricovrai in Surrento; e la figlia avea quella ferita e macchia ch'hai tu detto. O che tu sei diventato me o che io son diventato te.

PEDANTE. Se vuoi rispondere ad ogni cosa, non finiremo questa notte. Ma sta' di buona voglia. LARDONE. Come posso, morendo di fame, star di buona voglia? LIMOFORO. Sento lamenti. LARDONE. È segno ch'hai orecchie. LIMOFORO. È segno d'uomo sconsolato. O uomo da bene! LARDONE. Questo nome di uomo da bene non fu mai in casa mia, e io sono il primo di questo nome. LIMOFORO. Consòlati.

PELAMATTI. Tu potresti esser tesoriero del re, che non ti arei credito di un quadrino. PANURGO. Ancora non mi è stata fatta tanta ingiuria! PELAMATTI. Il maestro m'ave ordinato che consegni queste vesti al padrone, non che le butti via. In questa terra si fan delle burle: veggio ch'hai la febre quartana d'averle nelle mani. Ma io perdo qui le parole.

Parola Del Giorno

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