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E cammina, e cammina, sgomitolando il mio filo ed accendendo un nuovo cero a misura che si consumava l'acceso!

antichissimo monogramma delle parole Have. Iesus. Estebano s'erge in piedi, corre verso il cero, afferra il candelabro pesante, lo innalza vigorosamente, lo capovolge; poi, segnando coll'indice sinistro la sigla rovesciata così: S I H grida volto verso Elisenda: Stephanus Imperator Hispaniae!

Il suo lucignolo allungato e curvo portava in cima un carboncello che aveva la forma d'una viola stillante una pioggia di faville incandescenti. Estebano ed Elisenda scoprivano in quella rugiada di foco l'immagine d'un nuovo paradiso. Fissavano ammaliati il cero sorridendo alla luce, muti, pallidi.

Mamma Tecla, mamma Tecla, dite... e Zelmira? La vita manca ad ogn'istante alla mia povera figliuola. Poveretta! se la vedeste! pare un cero; pallida, dimagrata, sparuta, sorride con un riso angelico e foriero di morte! Povera Zelmira mia! presto, pur troppo, mi sarai tolta! e allora non ti vedrò più!

La quinta luce, ch'e` tra noi piu` bella, spira di tal amor, che tutto 'l mondo la` giu` ne gola di saper novella: entro v'e` l'alta mente u' si` profondo saver fu messo, che, se 'l vero e` vero a veder tanto non surse il secondo. Appresso vedi il lume di quel cero che giu` in carne piu` a dentro vide l'angelica natura e 'l ministero.

Era affatto oscura acciocchè meglio ajutasse il raccoglimento: nessuna lampada, nessun cero luceva sullo spogliato altare: un bisbiglio di preghiere, fatto da devoti che non si vedeano, ricordava gli angelici spiriti che, nel giorno medesimo, furono intesi gemere invisibili nel tempio di Gerusalemme quando moriva il loro Fattore.

Il lucignolo della torcia era mezzo affogato nella cera liquida che affluiva intorno ad esso come un lago oleoso; quando quella cera traboccò giù pel candelabro, la fiamma si ravvivò come per incanto e brillò luminosissima e fissa. Estebano guardò Elisenda che non profferiva parola; poi, con un supremo sforzo, si levò e corse alla fiamma del cero colla pergamena spiegata.

Fu adunque il nostro poeta, oltre alle cose di sopra dette, d'animo altiero e disdegnoso molto: tanto che, cercandosi per alcuno amico come egli potesse in Firenze tornare, altro modo trovandosi, se non che egli per alcuno spazio di tempo stato in prigione, fosse misericordievolmente offerto a San Giovanni, calcato ogni fervente disio del ritornarvi, rispose che Iddio togliesse via che colui, che nel seno della filosofia cresciuto era, divenisse cero del suo comune.

Elisenda riandava colla memoria le ultime parole di Don Sancio, e tentava invano afferrarne il recondito senso; e pensando favellava come in sogno: Le anime de' tuoi figliuoli si accenderanno alle faville di quel serafico cero... Finché quel cero sar

Elisenda lo guardava atterrita, eppur beata, tanto era sublime quel fiero garzone in quell'atteggiamento di trionfo. Ma intanto la fiamma sconvolta divorava il cero e mordeva il dito d'Estebano. Quando il pesante candelabro fu ricollocato sul suo piedistallo, della torcia non rimaneva più che un mezzo pollice appena; le lettere H e I della sigla erano dileguate.