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Aggiornato: 17 luglio 2025
Elisenda sclamò: Guai a me se si spegne! Il giovanetto s'accorse allora che tutto intorno all'estremo del cero girava una grossa lista di pergamena. La distaccò per prolungare così d'un minuto la vita alla fiamma. La pergamena era piena di simboli sacri, di formule cattoliche che s'insertavano bizzarramente a molti caratteri orientali.
Com'era bella, alla luce del cero, Elisenda, in vesti bianche! I suoi capelli parevano ambra pura, e le sue mani avevano il morbido contorno dell'agata lavorata; poi, strana cosa, eppur leggiadra, le sue labbra non erano porporine né rosee, ma quasi bianche, e, assai divise nel mezzo, parevano composte con quattro foglie di tuberosa. L'adorazione d'Estebano s'era volta da Dio ad Elisenda.
Accesi un zolfanello contemplai ciò che avevo creduto una porta e invece trovai essere una ruota e miracolo! ben grato a Dio! a piedi e nel fondo della ruota il mio cero che la vecchia perversa avea lasciato cadere nella fuga. Ruota.
E molto ricco doveva essere chi pagava l'esecuzione di opere sì gigantesche. Mentre questi pensieri mi passavano per la mente, io camminava al chiaror del mio cero, scioglievo il filo del gomitolo e procedevo procurando di seguire la direzione indicata dalla ristretta linea dell'imboccatura.
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