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Aggiornato: 27 giugno 2025
Stefano fu gettato solo in una cella angusta, umida, oscura ed infetta, e pensava ai suoi cari, alla disperazione della moglie e della madre, all’afflizione del padre, alla bambina, alla casa, alle dolci abitudini domestiche.
Egli v'era entrato, come a entrare nella propria cella; mentre la fanciulla, appoggiata al davanzale della finestra, guardava fuori la campagna, e i colli e i monti lontani. E a veder biancheggiare qualche campanile che accennasse un villaggio romito; si sentiva rapire il cuore a quella lontananza, come se l
Al soprastante fu inteso rispondere con un forte grugnito, il quale poteva apprendersi per un: «Illustrissimo sì». Il traslocamento avvenne nel modo col quale fu ordinato, e Beatrice si ebbe nella nuova cella un tozzo di pane bianco, e un raggio di sole puro: con questi la creatura umana può vivere, o almeno aspettare che la scure o l'affanno la uccida.
Al detenuto che non abbia studiato bene il regolamento possono capitare giornate dolorose. La guardia di servizio tra le sei e le sette vi domanda: ammalato? qualche volta, salta una cella senza accorgersene. E spesso registra il trentatrè invece del trentacinque. Non c'è più rimedio. Bisogna stare attento domattina e suonare se non la si vede.
Ciò che fa, l'obbediente si merita: se egli mangia, mangia l'obbedienzia; se dorme, l'obbedienzia; se va, se sta, se digiuna e se veghia, tucto fa l'obbedienzia; se egli serve il proximo, l'obbedienzia; se egli è in coro o in refectorio o sta in cella, chi vel guida o fa stare?
La settimana passata mi sono annunciato ammalato: la guardia mi rispose: Incominciate a mettere fuori la vostra pulizia cioè a metter fuori il catino coll'acqua sporca, il vaso da notte e la spazzatura della cella. Sono ammalato e si esige da me il servizio della pulizia! Il quarto compagno è un galeotto. Egli è gi
Uno che tornasse dopo tanti anni sarebbe isolato... Guardava i pochi mobili della sua cella, il letto, il crocifisso, l'inginocchiatoio, e si sentiva presa da una profonda tenerezza per quegli oggetti rozzi e logori.
Guai se il capo-custode nella sua ispezione notturna lo avesse trovato addormentato! Una mezza dozzina di nerbate, susseguita da una giornata di cella e di digiuno, era il meno che potesse toccargli.
E poichè l'una cosa chiamava l'altra, volli sapere se Ortensia mi amasse ma la margherita erami stata tolta pur essa dal vento; nè io me n'era accorto; però rimpiansi il segreto della mia pace involatomi colle ultime foglie della mia povera sibilla. Ridiscesi il facile pendio della collina, e così chiuso nei miei pensieri, mi ritrassi nella mia cella. Non volli vedere alcuno.
Guardia! guardia! La voce del detenuto era diventata rantolosa. Guardia!... guardia!... Dopo un quarto d'ora di questo lamento che ci lacerava il cuore sentimmo dei passi che andavano verso la cella del disgraziato. Che c'è? gli domandò la guardia. Sono ammalato.... muoio! Signore, fatemi morire! Adesso vado a prendere le chiavi. Di notte le chiavi delle carceri sono in direzione.
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