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Aggiornato: 9 maggio 2025


E poi che è bene foderato egli e ha le buone vivande, di lui non pensa, con lui si vuole ritrovare a la povera mensa del refectorio. El suo dilecto è di potere stare dove egli si possa empire di carne e saziare la gola sua.

Bene fecero dunque gli obbedienti, che volsero observare il voto della povertá per non avere che spendere, acciò che non gli traesse della soave mensa del refectorio, dove l'obbediente notrica in pace e in quiete l'anima e 'l corpo. Non ha pensiere d'apparechiare provedersi come il misero; el quale misero, al gusto suo, il visitare il refectorio gli pare amaro, e però il fugge.

L'obbediente non abandona il refectorio, anco il visita continuamente, e dilectasene di stare alla mensa co' povarelli. E in segno che egli se ne dilectava, per non avere materia di stare di fuore, ha tolta da la substanzia temporale, observando perfectamente il voto della povertá; e tanto perfectamente, che la necessitá del corpo tiene con rimproverio.

Ciò che fa, l'obbediente si merita: se egli mangia, mangia l'obbedienzia; se dorme, l'obbedienzia; se va, se sta, se digiuna e se veghia, tucto fa l'obbedienzia; se egli serve il proximo, l'obbedienzia; se egli è in coro o in refectorio o sta in cella, chi vel guida o fa stare?

Egli fugge la cella come fusse uno veleno, perché egli è escito della cella del cognoscimento di , per la qual cosa egli venne a disobbedienzia: però non può stare nella cella actuale. Nel refectorio non vuole apparire, se non come a suo nemico, mentre che egli ha che spendere: non avendo che, la necessitá vel mena.

Parola Del Giorno

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