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Aggiornato: 29 giugno 2025


Patrone, io non voglio venire se non me date le scarpe. PRUDENZIO. Vieni; ch'io t'imprometto de dartele come noi tornamo. MALFATTO. ! come tornamo! Voi me ci volete cogliere come le altre volte. Non avete un quatrino. PRUDENZIO. Tira alle forche, temerario poltrone! Che sai tu se io ho nummi o no? Fa' che stii cheto e non amplius loqui. E basta. CECA serva.

Ed io, per me, se, come son donna, fossi un uomo e potesse, faria le pazzie. FULVIA. Tu sei molto furiosa da poco tempo in qua. RITA. Madonna, pregamo pur Iddio che la Ceca... FULVIA. Chi Ceca? RITA. ...la serva sua, facci qualche cosa di buono. FULVIA. Oh! Ben fará, : ch'ella è savia e lui ne ha voglia. Ma cominciamo, ch'ell'è tardo.

CECA. O farci sfregiare, o una cosa simile, ché non mancano loro, no, i sviati e i ribaldi, ché, Dio grazia, ne hanno le case ripiene; ch'i buoni non vi vogliano stare per ciò che sono inimici del vizio. RITA. Ragionamo de altro, adunque. CECA. Voltiamo questo canto qui, ché scortaremo un pezzo di strada. RITA. , de grazia, ch'io non vo' che me veda colui ch'esce di quella casa.

Eh! non ti partire cosí presto, ché io ti darò questi quatrini. CECA. Damile, ! MALFATTO. Eccoli. Vedi quanti sono! CECA. Gran mercé a te. Addio. MALFATTO. No, no. Cagna! Non ce voglio fare. Rendemeli. CECA. Come! Non me lli hai tu dati? MALFATTO. ; ma non voglio che tu te nne vada. CECA. Che vòi tu ch'io faccia qui fuori? Non hai tu vergogna de star nella strada a parlare con le femine?

RITA. Madonna, el luogo ove che noi ci troviamo e la buona e onorevole pratica delle sante donne ove voi state saranno cagione di rendervi chiara senz'altri testimoni apresso di lui. FULVIA. Ecco la casa. Idio ci aiuti, ché costei ci dia buona risposta. RITA. La dará bene, . Aspettate, ch'io pichiarò. Tic, toc. CECA. Chi è ? che adimandate voi? RITA. Ècci la vostra patrona? CECA. , è.

Perché? RITA. Per bene. Madonna Fulvia mia patrona gli vorria parlare. CECA. Aspettate, che or ora li farò l'imbasciata. RITA. Tornate presto, di grazia. FULVIA. Accòstate in qua, Rita, acciò che non paia ch'io stia sola; ché tu sai ch'alle male lingue non mancaria che dire. RITA. Costei si sará forsi rotto el collo, ché bada tanto a darci la risposta. FULVIA. Qualche cosa deve aver a far, lei.

Dove vai? MALFATTO. Venivo a ti. Come sto io? CECA. E che vòi tu ch'i' ne sappia come stai? Guarda ch'adimande da sciocco! MALFATTO. Io volevo dire come stai tu. CECA. Tieni le mani a te. Che farai? MALFATTO. Volevo toccare un po' qua dentro. CECA. Non se tocca qua dentro, se non se piange. MALFATTO. O aspetta un poco. Non te so' moglie io a te? CECA. Sta' da lunga, quando tu parli.

RITA. Io gli ho discrezione alla poverina per ciò che sta sola. CECA. Come sola? Non ha ella gran compagnia di monache? RITA. Gli è vero. Ma assai li par di esser sola quando non vi sono io. CECA. Questo si è tanto piú quanto si trova in questa terra ove persona non ci cognosce. Ma ditemi un poco, madonna Rita: avete marito voi? RITA. Io non so quello che me abbia, a dirti el vero.

CECA. E vatti con diavolo! Tu vorrai che te vega madonna e che gridi molto bene. MALFATTO. Orsú! Bona sera. Io me ne voglio andare in casa. CECA. Va' con diavolo! RUFINO solo. Io ho incontrata, poco è, la serva de Livia e hame ditto che la cosa è in ordine, pur che vi sieno i danari della dote che se gli è promessa, e ch'ella tornerá a riparlarmi in casa di Filippa.

MINIO. Caminamo, ché non ci veda fermati: ché non dicessi che facemo le tristizie. FULVIA donna, RITA serva, CECA serva. RITA. Grande errore fue, per certo, a farvi sposare, se ei non se ne contentava; e voi, perdonatemi, poco savia fosti a prenderlo. FULVIA. E che ci potevo fare io? Homelo forsi tolto da me? Certo che non; e tu lo sai. RITA. Orsú!

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